Conati / 12 Settembre 2013 in Caterpillar

“Pronto? Shigeko?” Sì, sono io”. “Ciao, cara. Ho saputo per vie traverse, diciamo così, che oggi è tornato tuo marito, Non sei contenta?” “Contenta, che dici? È tornato senza braccia e senza gambe, sfigurato, muto e quasi sordo. Dovrei essere contenta? Sei scema?” “Va bene, ma almeno è tornato! Deve essere bello saperlo a casa, dopo tutto questo tempo” “Sì, forse hai ragione, adesso, visto come è ridotto, non potrà più picchiarmi, insultarmi, violentarmi, schiaffeggiarmi per un nonnulla. È bello saperlo a casa! Quando mi hanno dato la notizia, per l’emozione ho vomitato in un’aiuola del municipio. Poi ho vomitato poco distante, accanto al ristorante vietnamita. Così ho chiamato un risciò. Ho vomitato anche dentro il risciò.” “Ti capisco, fa bene liberarsi ogni tanto! Ma almeno sarai contenta, adesso che è un eroe di guerra, carico di medaglie, adesso che è il dio della guerra?”
Si sentono rumori come di liquido gorgogliante, poi un rumore più forte, come un’esplosione (vomito a getto?) Poi più niente.

Un film sulla atrocità della guerra, di qualsiasi guerra. E sulla ipocrisia delle retorica militarista. Tratto da un racconto di Edogawa Rampo. Wakamatsu confeziona un film estremo ma, purtroppo, estremamente didascalico, in cui i continui flashback risultano davvero fastidiosi. La società giapponese, con il suo confucianesimo reazionario, maschilista, troppo ancorato alle tradizioni, non ne esce granché bene.
qui la “colonna sonora”.

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