Il vangelo dell’animazione giapponese / 5 Ottobre 2013 in Neon Genesis Evangelion

1995. Dalla contorta mente di Hideaki Anno, il mondo fa la conoscenza di Neon Genesis Evangelion, una delle opere animate di origine nipponica più famose ed importanti degli anni ’90, e che ancora oggi vanta un tale successo internazionale da raccogliere intorno a sé una schiera di fans in continua espansione. Non a caso Anno ha fatto di quest’opera il suo personale cavallo di battaglia, andando ad attingere denaro e gloria da ogni sua piccola parte. E così negli anni, dalla serie originale, abbiamo visto spuntare dal nulla i manga, i film, i costumi, i gadget, e tanto altro ancora. La recente proiezione dei primi tre film del ciclo Rebuild of Evangelion, a cura della Nexo Digital in Italia, sono una prova chiara ed inequivocabile dell’enorme successo che riscuote ancora oggi questa saga, andando a ricavarsi uno spazio anche in un ambiente difficile come quello nostrano, dove l’apprezzamento per i prodotti d’animazione nipponica (e non) è comunque a livelli piuttosto bassi rispetto allo standard di altri paesi.
Neon Genesis Evangelion è una serie dalle mille sfaccettature. Nonostante si ponga come un anime di genere mecha, se ci si limita alla singola conoscenza della trama ci si troverà fortemente ingannati. Evangelion infatti è sì un anime che tratta di guerre tra robot giganti e alieni misteriosi, ma il tutto ha principalmente una solida funzione di copertura. Il cuore di Evangelion è dato dalla straordinaria psicologia dei personaggi, approfondita in una maniera talmente maniacale da rasentare la perfezione, dai legami che essi instaurano tra di loro, talmente controversi da apparire paradossalmente “umani” all’inverosimile. Tali atteggiamenti e personalità sono resi ancora più ottimamente dall’enorme infarcitura di nozioni psicologiche e filosofiche (si sprecano citazioni agli studi di Jung e Freud, così come a teorie del calibro del complesso di inferiorità di Adler o del dilemma del porcospino di Schopenhauer).
Ma Evangelion non è solo un tributo alla filosofia e alla psicologia. A supporto di questo enorme carico di materiale umanistico, vi è una storia a cavallo tra fantascienza e religione, colma di una drammaticità ed un’epicità in grado di dare anche il giusto tasso di adrenalina allo spettatore, oltre a una buona dose di riflessione e analisi. La storia è ricca (ma davvero ricca!) di riferimenti religiosi. Talmente ben inseriti e onnipresenti da essere difficili da individuare nella loro completezza.
La mancanza di spiegazioni dirette, la continua richiesta nei confronti dello spettatore di cogliere un’immagine, una frase, un suono per carpirne mille contenuti, fa di Evangelion una delle opere più complesse e allo stesso tempo affascinanti mai visionate. Non è raro, infatti, trovarsi a cercare il maggior numero possibile di informazioni e delucidazioni, rendendo il web l’artefice di un enorme passaparola di teorie, opinioni e interpretazioni da parte degli estimatori di EVA.
Fa categoria a sè il finale poi, talmente originale e inaspettato da dividere in due fazioni contrastanti i gruppi accaniti di fan (precisamente in quelli che lo hanno elogiato e quelli che lo hanno aspramente criticato). Io, personalmente, ho apprezzato molto il finale della serie, trovandolo la degna conclusione di un’opera che è stata sempre coerente con sé stessa, mantenendo un’atmosfera carica di punti interrogativi, da risolvere grazie alle capacità analitiche dello spettatore, e ponendo l’introspezione dei personaggi (in particolare del protagonista) come vera punta di diamante di tutto questo enorme concentrato di scienze umanistiche e fantascientifiche. Considerando oltretutto il basso budget con cui Anno ha dovuto realizzare il finale dell’opera, non posso che elogiarlo per la scelta coraggiosa e rivoluzionaria.
In conclusione, Neon Genesis Evangelion è una serie senza mezze misure. Può piacere alla follia come può far storcere il naso. E’ innegabile però che, piaciuti o meno, questi 26 episodi difficilmente se ne andranno via dalla nostra testa e in qualche modo ce li porteremo sempre avanti. Se ciò non fa di questo un capolavoro, allora cos’è che lo fa?

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