ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Pur vantandomi di essere avvezza agli usi e costumi jappo mutuati da anni di anime e manga, mi rendo conto che, non sempre, gradisco l’esasperazione (o quella che io ritengo sia tale) dei sentimenti che sovente i nipponici mettono in scena. In questo lungometraggio, per esempio, l’ammirazione per la protagonista femminile è immediata, sopra le righe, quasi immotivata (es. Yutaka chiama Taku sul lavoro, per farlo tornare un attimo a scuola, facendogli affrontare un considerevole tragitto in bicicletta, solo per mostrargli -da una finestra- la schiena di Rikako, appena conosciuta: e non si tratta di una scena comica!).
Benché affronti temi interessanti (l’educazione sentimentale degli adolescenti, la costruzione della personalità, il senso ed il peso dell’amicizia), la storia, alla fin fine, ruota intorno ad una ragazzina viziata ed ai suoi timidi spasimanti, tra situazioni improbabili (es. il volo e la permanenza a Tokyo) e schiaffoni.
Inconsistente, noioso, a tratti perfino irritante (proprio come lo sono Rikako ed il suo ex-fidanzato di Tokyo).
Il voto sarebbe ben peggiore, se l’accuratezza dedicata agli sfondi, alla rappresentazione dei dettagli d’ambiente ed al character design non fossero quelli tipici dello Studio Ghibli.
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