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Scarpette rosse

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Nel frattempo, in un mondo parallelo / 28 Agosto 2016 in Scarpette rosse

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Pollice verso giù per il proiezionista che per un quarto d’ora non è stato in grado di far partire un dvd scegliendo la lingua. Io mai avuto un lettore dvd, ma tu ca**o lavori in un cinema. Gente che suggeriva “Più su!”, “Più giù!”, “Clicca quello!”, “No l’altro!” Dopo la prima di un balletto a Londra, Boris Lermontov, direttore/padre/padrone della compagnia di balletto oltre a essere un elegantone assurdo, in grado di passare senza soluzione di continuità dalle babbucce e il pastrano all’abito da sera al sandalo terribile alla tedescazza d’estate, dicevo Boris fa entrare nella compagnia Vicky, ballerina raccomandata ma forse brava davvero, e Julian, compositore youngster alla fine degli studi. Per il resto, nella compagnia son tutti russi. Julian scrive la musica per le Scarpette rosse, fiaba di Andersen, Vicky diventa prima ballerina e BOOM, successo clamoroso. Nella lunghissima scena del balletto i riferimenti tempo-spaziorali (così, mi andava) si perdono, con effetti speciali e sovrapposizioni e dissolvenze, come se si trovassero a percorrere l’Hermitage (citcitcit!) e non su un palco teatrale. Quando ritorniamo coi piedi per terra, ovviamente e intanto i due scopan… ehm, s’innamorano. Ma Boris no no no no, perché per lui la prima ballerina deve dare all’arte tutto e rinunciare a sco… ehm, l’amore. Dissidio, esplosione, lei prima rinuncia al balletto per Julian, poi torna. Quand’ecco Julian le dice “Andiamocene!”, e Boris le dice “Giammai, l’arte davanti e dietro tutti quanti!”, e lei a questo punto come un flipper va in tilt e, con le sue scarpette rosse, si butta da un balcone poco prima dello spettacolo. Del resto Boris già all’inizio aveva spoilerato, la protagonista della fiaba muore di ballo perché le scarpette non la lasciano mai smettere di ballare.
Quasi tutti gli attori sono ballerini professionisti, di 70 anni fa ma i migliori, per rendere più realistica possibile la quotidianità delle compagnie di balletto rappresentata. Un mondo dove si vive di musica e tallone punta e altre amenità old style, dove Boris incarna una concezione dell’arte dura e appassionata e rigorosa, dove l’amore si rappresenta ma non si fa, o si muore. Come nelle Scarpette rosse all’interno di Scarpette rosse and so on. Muore?

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Balletto rosso sangue / 17 Marzo 2015 in Scarpette rosse

Credo sia il miglior film della coppia Powell Pressburger, almeno da un punto di vista squisitamente critico (io ho amato di più Duello a Berlino, ma è una questione di gusto personale). La grandezza di questa pellicola, che si basa innanzitutto su una deliziosa sceneggiatura originale scritta da Emeric Pressburger, regge su alcuni pilastri: innanzitutto le prove monstre di Anton Wallbrook, cinico impresario del balletto, Marius Goring, giovane compositore, e la splendida Moira Shearer, ballerina piuttosto morbida, dalla chioma leonina di un rosso scozzese; la scenografia di Heckroth e Lawson, accoppiata ricorrente nella filmografia dei due registi inglesi, che allestisce un estroso balletto (impeccabilmente coreografato da Robert Helpmann, che ha anche un ruolo giullaresco) e regala consueti fondali sognanti; dulcis in fundo, siamo al top del lavoro di Jack Cardiff, onorato direttore della fotografia premiato anzitempo con l’Oscar per il precedente ottimo – ma inferiore – Narciso nero, che qui cattura la magia della Cote d’Azur nei suoi colori sgargianti da cartolina d’epoca, i suoi azzurri profondi, e sfoggia quel rosso scarlatto che esplode nella vorticosa performance della Shearer (e non solo nelle famose scarpette).
Una favola che si tinge di rosso, sospesa tra la passione del ballo, l’amore e la morte, una indimenticabile parabola sulla danza classica e il suo mondo a volte crudele.

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