4 Maggio 2013 in No Direction Home

Scorsese ha girato parecchi film-documentario interessanti. Beh, girato é una parola grossa, perché il grosso del lavoro in pellicole come queste é il montaggio. Al resto ci pensa lui, Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan.
Ladies & gentlemen Bob Dylan. Il ragazzo di Duluth, Minnesota, che stravolse il mondo musicale negli anni ’60 e non solo.
Dalle ispirazioni giovanili, Woody Guthrie su tutti, al successo personale, non immune da polemiche. La formazione nel Greenwich Village di New York, nei primi anni ’60, le prime canzoni folk, pregne di significato. O forse no?
Dylan é un poeta, un ermetico, cui piace giocare con le parole. É reticente, sa che i suoi testi troveranno tutte le interpretazioni che la gente vorrá dare loro.
A Bobby non piace il rock. Il rock é vuoto e leggero. Solo il folk può parlare alla gente.

Blowing in the wind: con questa canzone Dylan crea un inno, forse suo malgrado, e diventa un simbolo della lotta per i diritti civili. I giovani hanno bisogno di simboli e lui e le sue canzoni sono perfetti per questo ruolo.
É il 1962 e Scorsese insiste parecchio su quest’anno.
A hard rain’s a gonna fall: canzone stupenda, simbolo di una fine imminente. Un mese dopo averla incisa ci fu la crisi dei missili di Cuba e molti videro in quella canzone una sorta di profezia del disastro nucleare. Ma Dylan nega tutto: “No, non è la pioggia atomica, è solo una forte pioggia. Non è la pioggia radioattiva. Intendo una sorta di fine che sta per accadere…”
Dylan é sempre reticente nelle interviste. Tende a sminuire la sua opera. Del resto lui fa musica. A lui interessa quello e gli altri pensino quel che vogliono. Ma la poesia é profezia. E Dylan é un poeta.
1963: Martin Luther King nella marcia dei diritti civili a Washington pronuncia il celeberrimo discorso “I have a dream”. Poco dopo il giovane Bob canterá a quello stesso microfono davanti a una folla sterminata.

And it’s a hard, it’s a hard, it’s a hard, and it’s a hard
It’s a hard rain’s a-gonna fall.

L’entusiasmo del movimento per i diritti civili viene spento dall’assassinio di JFK e dalla recrudescenza del conflitto in Vietnam.

Dylan amava il folk. Ma chissá come gli viene fuori quel capolavoro musicale che é Like a rolling stone. Nella tournée europea del 65-66 lo fischiano perché ormai si é venduto al pop-rock. Lo criticano perché non fa più canzoni di protesta. E lui si prende gioco di tutti.
Fino all’incidente in moto del ’66 e alla temporanea uscita dalle scene, e qui Scorsese decide che le 3h e 1/2 di documentario si possono concludere.

L’abbiamo visto cantare ubriaco o fare tour negli stati del sud contro la segregazione.
L’abbiamo visto prendere spunto da un’insegna di un negozio di animali per creare un geniale calembour.
L’abbiamo visto negare un autografo a un fan, perché gli andava di fare così.
L’abbiamo visto.
Signore e signori, Bob Dylan.
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Continua qui con un confronto con gli altri film su Bob Dylan.

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