MONTAGNA INTERIORE / 24 Maggio 2023 in Le otto montagne

Pietro e Bruno sono amici dall’infanzia. Sono accomunati da figure paterne conflittuali e dall’amore per la montagna.

Una storia d’amore puro sull’amicizia maschile che seduce sin dalle prime scene. Un dramma che prende in esame i complessi rapporti genitoriali dei due ragazzi, e che costruisce lentamente il loro legame d’amicizia in maniera sottile, senza compromettersi in soluzioni appariscenti o scontate.
La storia si dipana nel corso di numerosi anni. Si passa da una estate all’altra senza soluzione di continuità . Le vite cambiano, le fisionomie mutano, ma l’amicizia rimane sempre la stessa. Monolitica e imperturbabile come una montagna. Il ritmo è flemmatico ma leggero, e mi ha trasmesso la sensazione che sarebbe potuto durare molto di più. Tutta la parte in Himalaya mi è sembrata come “tagliata” in montaggio per rendere il film più snello. Va detto che comunque tutto gira alla grande.

L’andatura del film è sensorialmente più vicina alla lettura di un libro che a quella di un film. Non a caso i fatti ci vengono narrati dalla voce fuori campo di Pietro che sembra leggerci i suoi pensieri e le sue considerazioni appuntate sul suo diario.

La regia del duo Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch è ottima. Nel 2014 avevo già apprezzato il loro “Alabama Monroe”, ma devo dire che con “Le otto montagne” hanno fatto un felicissimo passo in avanti. I movimenti di macchina sono pochi e discreti. La composizione delle inquadrature è studiata alla perfezione, e la scelta di filmare in 4:3 risulta vincente. Trasmette il senso di oppressione che i due protagonisti vivono. Uno recluso in città e l’altro recluso in montagna.

Marinelli e Borghi sono i due top player del cinema italiano, e quando s’incrociano ottengono qualcosa che va oltre la somma delle singole parti.
Al pari dei due attori, l’altra grande protagonista è la natura. Per tutta l’opera ci ammalia con la sua bellezza silenziosa, e ci parla con i suoi suoni morbidamente distintivi. Nella sua esaltazione, la fotografia compie un lavoro rimarchevole. Non c’è nemmeno una inquadratura buttata via e grazie al formato di ripresa scelto la verticalità delle immagini ci permette letteralmente di inerpicarci lungo il film.
Le ottime musiche di Daniel Norgren completano il quadro per un film che tecnicamente è di prim’ordine.

In definitiva, un grande film, una cima ancora inesplorata per il nostro cinema che necessità di scalate come questa per tornare ad essere grande.

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