Blaxploitation: terra di confine tra cinema, musica e politica

La recente riscoperta dei b-movie, dai poliziotteschi italiani alla commedia sexy, ha riportato alla luce una serie di film che durante gli anni Settanta fece epoca negli Stati Uniti agitati dalle rivolte razziali, contribuendo a cambiare per sempre non solo il modo di pensare la cinematografia, ma anche l’intera società.
Questa è la storia della Blaxploitation, terra di confine fra cinema, musica e politica.

Gli anni Sessanta, fra crisi e ribellioni

Alla fine degli anni Sessanta, i grandi studios statunitensi entrarono in una grossa crisi causata dall’avvento della televisione che, allora, iniziava ad imporsi come strumento mediatico.
Per ovviare a questa deriva e per recuperare gli spettatori, le case di produzione decisero di aprire le porte dei set agli attori neri, investendo denaro in un nuovo mercato fino a quel momento ancora inesplorato.
Gli anni Sessanta furono anche il decennio delle rivolte razziali negli Stati Uniti: nel 1966, furono fondate ufficialmente le Pantere Nere e, un paio di anni più tardi, due velocisti afroamericani si presentarono sul podio delle Olimpiadi di Città del Messico col pugno alzato.
Quello stesso anno, a Memphis, Martin Luther King fu assassinato con un colpo di fucile.
Gli Stati Uniti stavano vivendo il passaggio da Kennedy a Johnson. Sul fronte esterno la questione vietnamita stava per esplodere in tutte le sue contraddizioni, mentre nel Paese i ghetti neri erano in subbuglio e i gruppi afroamericani si battevano nelle strade per affrancarsi da una sottomissione sociale e politica che durava ormai da molto tempo.

Afroamericani sul grande schermo: nasce la Blaxploitation

Il mix di questi elementi portò alla nascita della Blaxploitation, un filone cinematografico che per tutta la decade degli anni Settanta, con qualche incursione nel ventennio successivo, ha sfornato un’ingente quantità di film, alcuni dei quali diventati cult indimenticabili, arrivando ad influenzare potenti cineasti contemporanei come Spike Lee e Quentin Tarantino.
Benché Lee abbia spesso duramente contestato il filone Blax, infatti, diversi suoi film hanno trattato argomenti e problematiche già affrontate dal genere: con notevoli differenze estetiche ed affrancandosi dalle caratterizzazioni stereotipate tipiche di un certo versante della Blaxploitation, anche Spike Lee ha indubbiamente contribuito a dare voce agli intenti primigenii del genere, portando l’attenzione su problemi affatto banali come l’integrazione o la convivenza, in un momento storico, la seconda metà degli anni Ottanta e primi anni Novanta, in cui sembrava essere dato per scontato che essi fossero stati già risolti e superati.

Il termine Blaxploitation, a volte contestato dagli stessi artisti, è il risultato dell’unione fra i termini black (nero) ed exploitation (sfruttamento) ed è, per quello che possono valere le tipiche classificazioni, un sotto-genere del cinema nero o del cinema d’azione che incorpora la cultura degli afroamericani negli Stati Uniti e nel mondo.
Originariamente nati per il pubblico nero, i film di Blaxploitation sono diventati un successo anche fra i bianchi: spesso, i film Blax sono stati realizzati con budget estremamente risicati, ma sono diventati dei grandi ed inaspettati successi al botteghino.
Interpretati da cast composti da attori di colore, questi film affrontavano per la prima volta il tema dell’esistenza degli afroamericani sottoforma di intrattenimento cinematografico: il pubblico nero vedeva sé stesso sul grande schermo nei panni del protagonista, spesso ribaltando lo stereotipo dell’eroe bianco.
Le atmosfere rarefatte e polverose tipiche di queste pellicole e la vita di strada in esse raccontata sono caratteristiche tipiche dell’immaginario collettivo afroamericano.
I temi cari al genere sono decisamente ricorrenti: diritti civili mischiati con una buona dose di droga, violenza, detective privati, protettori e prostitute.

Le critiche alla Blaxploitation

Oltre ai numerosi elogi, la Blaxploitation è stata oggetto anche di feroci critiche da parte di una serie di associazioni per i diritti delle persone di colore, che arrivarono a formare la Coalition against Blaxploitation.
Verso questi film e nei confronti dei loro interpreti e registi furono mosse accuse di razzismo e di lesione della dignità degli afroamericani: spesso, infatti, i protagonisti interpretavano ruoli particolarmente violenti.
Occorre sottolineare, però, che altrettanto spesso questi stessi personaggi all’apparenza senza scrupoli nascondevano un lato umano ed una certa moralità.
In realtà, molti di questi film hanno contribuito in maniera determinante a spianare la strada all’avvento di tutte le pellicole incentrate sulle problematiche delle persone di colore negli Stati Uniti, dagli anni Settanta fino ad oggi.

Blaxploitation: i titoli-chiave

Dal punto di vista cronologico, il primo film che mostra i caratteri tipici della Blaxploitation è TRADIMENTO (Jules Dassin, 1968).

L’anno di produzione e di uscita, il 1968, fu un momento tumultuoso per gli Stati Uniti, con gli omicidi di M.L.King e Bob Kennedy, e per l’Europa, in cui si susseguivano manifestazioni operaie e studentesche.
Pur presentando diversi elementi che avrebbero poi contraddistinto tutta la decade cinematografica successiva della Blaxploitation, la pellicola di Dassin non può essere considerata a pieno titolo il primo film di questo genere, perché, in realtà, è un nuovo adattamento di un film di John Ford, IL TRADITORE (1935) e, inoltre, pur non trattandosi di un caso unico, venne girata in gran parte da un regista bianco.
La colonna sonora di TRADIMENTO fu la prima in assoluto ad essere pubblicata per un film d’azione nero e fu composta dai Booker T. & The MG’s, leggendario gruppo resident dell’etichetta Stax di Memphis. Lo splendido singolo che chiude il film, Time is Tight, raggiunse la Top 10 della classifica USA e, nel 2007, la band ricevette un Grammy alla carriera.

Il primo film interpretato e girato da attori neri all’interno degli studi hollywoodiani (ed in parte ad Harlem) è PUPE CALDE E MAFIA NERA (Ossie Davis, 1970).
Tratto dal romanzo di Chester Himes Cotton Comes To Harlem, questo film mette insieme per la prima volta sullo schermo alcuni aspetti tra i più caratteristici della Blaxploitation: la mafia italiana, un reverendo nero che estorce denaro ai suoi seguaci dietro la promessa di una vita migliore e due poliziotti neri dai modi bruschi.
Girato con poco più di un milione di dollari, ne incassò ben quindici.
La colonna sonora fu curata dal compositore canadese Galt MacDermont, già vincitore di un Grammy e autore delle musiche di HAIR.

Il film considerato il capostipite del genere Blaxploitation è SWEET SWEETBACK’S BAADASSSSS SONG (Melvin Van Peebles, 1971): nei titoli di testa, l’intero cast è denominato come The Black Community (la comunità nera), rendendo decisamente evidente l’intento sociopolitico del film. I titoli contengono anche la dedica: “to all the Brothers and Sisters who had enough of the Man” (a tutti i Fratelli e Sorelle che ne hanno abbastanza dell’uomo bianco).
SWEET SWEETBACK’S BAADASSSSS SONG è il primo esempio di riscatto cinematografico del protagonista afroamericano (interpretato dallo stesso Van Peebles), un orfano diventato adulto in un bordello ed iniziato alla carriera di gigolò che viene accusato ingiustamente di omicidio, chiamato a lottare per tutto il film per riuscire a salvarsi ed affrancarsi dallo sfruttamento al quale è stato costretto per tutta la vita.
Le Pantere Nere apprezzarono il film, definendolo rivoluzionario e ne consigliarono a tutti i “fratelli” la visione.
Girato con appena centocinquantamila dollari, ne incassò più di quindici milioni.
La colonna sonora fu inizialmente curata dallo stesso regista-factotum, che riuscì in un secondo momento a convincere gli Earth, Wind & Fire, che avevano appena lanciato il loro primo album, a collaborare alla stesura finale dei pezzi. Il disco, prodotto dalla “solita” Stax, arrivò al numero 13 della classifica degli album soul.

Il lato leggero della Blaxploitation

Non mancano gli sconfinamenti della Blax nel genere horror, come BLACULA (William Craine, 1972) ed i suoi vari seguiti, nelle arti marziali con JOHNNY LO SVELTO (Robert Clouse, 1974), ma anche commedie divertenti come CAR WASH (Michael Schultz, 1976).

I grandi successi della Blaxploitation

Il successo ottenuto da SWEET SWEETBACK’S BAADASSSSS SONG segna l’inizio dell’epoca d’oro della Blaxploitation, sia dal punto di vista artistico che economico, con un lungo elenco di film, realizzati e distribuiti specialmente nella prima metà degli anni Settanta.
Il film che ha portato all’attenzione generale il fenomeno della Blaxploitation è sicuramente SHAFT (Gordon Parks, 1971): un detective afroamericano e newyorkese, interpretato dal fotomodello Richard Roundtree, vive a cavallo fra il mondo dei bianchi e quello dei neri. «Troppo nero per l’uniforme e troppo blu per i fratelli», duro con i nemici e morbido con le donne, Shaft viene ingaggiato da un gangster per ritrovare la figlia rapita dalla mafia.
In questa pellicola sono presenti tutti gli stereotipi tipici del genere: investigatori neri e polizia bianca (in questo caso, amica del protagonista), protettori, azione, violenza e seduzione, Harlem come sfondo sociale e le immancabili Pantere Nere che aiuteranno il protagonista nella sua missione.
SHAFT costò cinquantamila dollari, ne incassò tredici milioni e contribuì a salvare la casa di produzione MGM dalla bancarotta.

La colonna sonora dello SHAFT di Gordon Parks è, probabilmente, la più apprezzata dell’intera Blaxploitation. Realizzata dal Black Moses Isaac Hayes, fu l’album più venduto di sempre nella storia della Stax ed arrivò in vetta a tutte le classifiche statunitensi.
Nel 1972, al film andò l’Oscar per la miglior canzone, Theme from Shaft, e, dopo aver vinto il Golden Globe per la migliore colonna sonora, la pellicola ricevette anche la nomination nella stessa categoria agli Academy Awards.

Il successo clamoroso di SHAFT IL DETECTIVE, diventato ben presto un cult generazionale, portò a diversi sequel di minor successo come SHAFT COLPISCE ANCORA (Gordon Parks, 1972), SHAFT E I MERCANTI DI SCHIAVI (John Guillermin, 1973) e, in tempi più recenti, ad un remake, SHAFT (John Singleton, 2000) con Samuel L. Jackson nei passi del nipote del detective originale.
Negli anni Settanta, venne realizzata anche una serie televisiva omonima trasmessa dalla CBS che aveva per protagonista lo stesso Roundtree.

Un altro film cult della Blaxploitation è sicuramente SUPER FLY (Gordon Parks Jr., 1972), girato dal figlio di Gordon Parks appena l’anno successivo l’uscita di SHAFT.
Il protagonista di SUPER FLY è diverso dall’eroe detective descritto fino a quel momento. Youngblood Priest è, infatti, il prototipo del protettore: veste abiti vistosi, guida una sgargiante Cadillac, abita in un bell’appartamento con «stereo a 8 tracce e televisioni a colori in ogni stanza» e si divide fra due ragazze, una bianca e l’altra nera. Priest è uno spacciatore di droga al vertice della piramide che sfrutta i suoi sottoposti, viene sfruttato a sua volta da un manipolo di poliziotti e politici corrotti, finché decide che è tempo di tirarsi fuori dalla strada.

Come avvenne per SHAFT, anche il successo di SUPER FLY portò ad una serie di sequel, fra i quali SUPER FLY T.N.T. (Ron O’Neal, 1973), girato a Roma, e THE RETURN OF SUPERFLY (Sig Shore, 1990).
La colonna sonora di SUPER FLY, firmata Curtis Mayfield (il cantante appare anche nel film mentre canta Pusherman), è una delle migliori del genere, sia per quanto riguarda l’adattamento delle musiche alle immagini, che in termini assoluti.
Oltre all’album, rimasto per quattro settimane in vetta alla classifica generale dei dischi più venduti nel 1972, furono due i singoli che ebbero un successo grandioso: Superfly e Freddie’s Dead. Quest’ultimo venne pubblicato come singolo di lancio prima dell’uscita del film e fu un successo clamoroso, anche grazie al suo testo crudo ed impegnato. Curiosamente, la canzone viene richiamata più volte nel film, ma solo in forma strumentale.

Nello stesso anno di SHAFT, nelle sale uscì RUBARE ALLA MAFIA è UN SUICIDIO (Barry Shear, 1972), una brutale storia di lotta fra mafia italiana e gangster neri girata nel cuore di Harlem, dove la 110ma strada è un’informale linea di confine tra le due fazioni. L’incontro fra due agenti di polizia, il bianco dai metodi crudi Mattelli (interpretato da Anthony Quinn) ed il nero, educato e rampante Pope, fa da sfondo alle complesse relazioni nel melting pot di etnie di New York. Il film fu un successo e incassò più di dieci milioni di dollari.
La colonna sonora fu curata da Bobby Womack, recentemente scomparso, e racchiude il tema principale del film, Across 110th Street, eseguito nella scena iniziale: si tratta di una delle canzoni simbolo del genere, grazie ad un funk fortemente influenzato dal rock e ad un testo che racconta le sofferenze e la voglia di liberazione dall’oppressione di un giovane newyorkese.

Pam Grier, l’eroina nera

Mentre una parte dei film Blaxploitation mostravano buone dosi di violenza e misoginia, una donna si imponeva come un personaggio forte, indipendente ed intelligente: si trattava di Pam Grier, la Regina Nera, straordinaria attrice scoperta dal regista Jack Hill mentre svolgeva il ruolo di receptionist presso la American International Pictures.
Dopo un paio di apparizioni in film d’azione di secondo piano, Hill decise di scritturarla come protagonista per COFFY (1973): qui, la Grier interpreta una donna che si finge prostituta per uccidere un mafioso e vendicare la morte della sorella tossicodipendente.
L’anno successivo, Pam Grier interpretò uno dei suoi ruoli più celebri in FOXY BROWN (Jack Hill, 1974), film che la consacrò definitivamente come la regina della Blaxploitation.
La ricetta è sempre la stessa: Foxy si infiltra in un giro di droga e prostituzione d’alto bordo per vendicare un attentato subito dal suo fidanzato.

Pam Grier fu un’autentica rivelazione: perfetta nel ruolo della donna nera emancipata, consapevole e capace di combattere contro chiunque cerchi di esercitare su di lei una qualsiasi forma di controllo, sia nella finzione cinematografica che sul set, mantiene intatta tutta la sua femminilità.
Il suo sguardo nostalgico e i personaggi che le calzavano come un guanto la fecero diventare ben presto una delle più grandi star afroamericane della storia del cinema, tanto da avere un grande peso nel processo di emancipazione di tutte le donne di colore.

Altri film Blax in cui compare Pam Grier sono SHEBA, BABY (William Girdler, 1975), BUCKTOWN (Arthur Marks, 1975) e IL CIRCUITO DELLA PAURA (Michael Schultz, 1977): in quest’ultimo film, la Grier recita al fianco del suo compagno del tempo, l’attore afroamericano Richard Pryor.
Con il calo delle produzioni cinematografiche di genere, la Regina Nera optò per le serie televisive, salvo tornare alla ribalta diretta da Quentin Tarantino in JACKIE BROWN (1997), film che le valse la nomination come migliore attrice protagonista ai Golden Globe e che sancì il suo ritorno alla Blaxploitation.

Blaxploitation: gli anni Ottanta e Novanta

L’epoca d’oro della Blaxploitation durò per buona parte degli anni Settanta, benché nella decade successiva non siano mancati alcuni buoni esempi di genere.
Gli anni Novanta si aprirono con un ritorno perentorio alla Blax: l’inizio venne segnato da NEW JACK CITY (1991), diretto da Mario Van Peebles, figlio di Melvin.
Seguirono in rapida successione RABBIA AD HARLEM (Bill Duke, 1991), che ottenne un grande successo di pubblico, SFIDA FINALE (Larry Cohen, 1996) interpretato da star Blax come Fred Williamson, Richard Roundtree e Pam Grier, e HOODLUM (Bill Duke, 1997), che incassò la bellezza di ventitre milioni di dollari solo negli Stati Uniti, grazie alla presenza nel cast di star hollywoodiane come Laurence Fishburne, Tim Roth e Andy Garcia.

Una menzione particolare per la Blaxploitation degli anni ’90 la merita Quentin Tarantino, grande appassionato di b-movie afroamericani. Il suo terzo film, il già citato JACKIE BROWN, è un chiaro omaggio ai temi cari al genere Blax: per arrotondare lo stipendio, una hostess all’apparenza ingenua (Pam Grier) contrabbanda denaro per conto di un pappone (Samuel L. Jackson), ma viene beccata dalla polizia. Con la sua arguzia e l’aiuto di un garante di cauzioni, Jackie tenterà di raggirare tutti, salvando la pelle.
Nel film di Tarantino, sono numerosi e chiari i riferimenti alla Blaxploitation, a partire dal nome scelto per la protagonista, un evidente richiamo al film FOXY BROWN interpretato dalla stessa Grier.
La celebre scena iniziale che mostra la protagonista camminare nell’aeroporto fino ad arrivare al luogo di lavoro è accompagnata dalla già citata canzone Across 110th Street di Bobby Womack.
Una delle locandine, inoltre, ad eccezione dei nomi degli attori, è identica a quella di FOXY BROWN, tanto da riprodurne i medesimi slogan ed usare gli stessi caratteri tipografici.

Regola numero 1: la colonna sonora

La caratteristica principale della Blaxploitation classica, citata ampiamente a posteriori da Tarantino, è quella di avere delle colonne sonore originali talmente belle da poter reggere il confronto con la struttura narrativa del film, tanto che, a volte, le musiche di queste pellicole sono ricordate e citate più del film stesso.
Le colonne sonore dei film Blax sono curate dai migliori cantanti, musicisti e compositori neri dell’epoca, star già affermate o artisti che sarebbero diventati ben presto tali come Isaac Hayes, Curtis Mayfield, Bobby Womack, Willie Hutch, Dennis Coffey.
Anche James Brown, Marvin Gaye e Solomon Burke hanno messo la loro impronta artistica indelebile sulla Blaxploitation, firmando capolavori assoluti della musica black.
Le armoniose sinfonie del soul, quelle trascinanti del funk e dell’r&b, con sconfinamenti nel jazz e nel gospel: i brani composti appositamente per i film si incastonano perfettamente nella storia raccontata sullo schermo e si fondono con la vita nelle strade fuori dai cinema.
Ad ogni cambiamento di scena, un nuovo capolavoro musicale accompagna le immagini: dalle musiche romantiche delle scene d’amore alle cavalcate degli inseguimenti, è impossibile non essere rapiti da questi ritmi.

L’etichetta discografica più potente ed influente della black music, la Motown di Detroit, che annoverava fra i suoi artisti Jackson 5, Stevie Wonder e Temptations, fiutò l’affare e cominciò a produrre musiche per i film della Blaxploitation, mettendo a disposizione alcuni fra i suoi migliori artisti.
Videro così la luce soundtracks del calibro di DETECTIVE G (Ivan Dixon, 1972) composta da Marvin Gaye, TOMMY GIBBS CRIMINALE PER GIUSTIZIA (Larry Cohen, 1973) con musiche di Edwin Starr e la meno nota, associata al lancio del filone Blax dedicato alle eroine nere, FOXY BROWN (Jack Hill, 1974) ad opera di Willie Hutch.

L’altra etichetta musicale che in quegli anni si contendeva il primato con la casa di Detroit a suon di hit era la Stax Records di Memphis. La Stax, etichetta di artisti del calibro di Wilson Pickett, Otis Redding e Rufus Thomas, è stata senza ombra di dubbio la casa discografica più strettamente connessa alla Blaxploitation, avendo legato il suo nome a successi cinematografici e musicali, SHAFT e SUPER FLY su tutti.
Anche al di fuori da queste due etichette, non sono mancati i successi: basti pensare a Black Caesar (1973), album firmato da James Brown, già autore del manifesto culturale afroamericano Say It Loud – I’m Black And I’m Proud.
Sono numerose anche le raccolte delle migliori canzoni tratte dalle colonne sonore blax. Una delle prime è intitolata, non a caso, Pimps, Players & Private Eyes (Sire Records, 1991), mentre una delle più complete, supportata da un imponente booklet con una lunga spiegazione del fenomeno Blaxploitation ed un’ampia carrellata sui film, è Can You Dig It? The Music and Politics of Black Action Films 1968-75 (Soul Jazz Records, 2009).

Bibliografia:
Booklet di Can You Dig It? The Music and Politics of Black Action Films 1968-75 , Soul Jazz Records, 2009;
Darius James, Blaxploitation! Il cinema e la cultura dei neri americani, Milano, ed. a-change, 2002;
Minganti Franco, Il cinema afroamericano, in Gian Pietro Brunetta (a cura di), Il cinema americano II, Torino , ed. Giulio Einaudi, 2006.

Sitografia:
http://blaxploitation.com
http://www.blaxploitationpride.org
http://www.blax-jive.com

Contributo realizzato in collaborazione con Daniele Carpi

4 commenti

  1. noone / 18 Dicembre 2014

    mi serviva un’approfondimento sulla blaxploitation

    grazie 😀

  2. Suna / 19 Gennaio 2015

    ottimo excursus! Grazie agli autori!

  3. AndriDevil / 15 Maggio 2015

    Articolo ben curato anche per quanto riguarda le locandine dei film e le musiche, ci sono riportati anche alcune notizie che prima non sapevo.
    Complimenti 🙂

Lascia un commento