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Film sulla schiavitù: il film “Antebellum” si basa su una storia vera?

Da vedere gratis su Prime Video, incluso nell'abbonamento, il film 'Antebellum' è un nuovo horror politico americano. Si basa su una storia vera?

locandina antebellum sfondo nero farfalla rossa

Il film horror “Antebellum” da vedere gratis su Prime Video

Dal 13 dicembre, sul catalogo italiano Amazon Prime Video, incluso nell’abbonamento al servizio, è disponibile gratis il film ANTEBELLUM (2020) scritto e diretto dai registi statunitensi Gerard Bush e Christopher Renz, al loro esordio nel lungometraggio cinematografico dopo una lunga esperienza nella pubblicità.
L’attrice protagonista del film è Janelle Monáe. Del cast di ANTEBELLUM fanno parte anche Jena Malone e Jack Huston.
Di cosa parla il film? Seguiteci senza paura: l’articolo non contiene spoiler.

“Antebellum” e il peccato originale degli Stati Uniti

La sceneggiatura di ANTEBELLUM è stata scritta da Bush e Renz circa due anni prima della nascita del movimento internazionale Black Lives Matter, organizzatosi nella primavera 2020 per condannare il razzismo sociopolitico nei confronti degli afroamericani.
I registi hanno dichiarato di aver scelto un obiettivo: Ricontestualizzare il peccato originale del Paese (ndA: gli Stati Uniti d’America)”. E, continuando: “Gran parte dell’economia degli Stati Uniti è stata costruita sui corpi rubati del popolo africano. (…) Abbiamo girato su una vera piantagione: è stato come entrare in una casa stregata all’aria aperta, un’esperienza psicologicamente faticosa per tutti”.

Quella di “Antebellum” è una storia vera?

Il razzismo negli Stati Uniti è un argomento di pressante attualità che affonda le sue radici nella Storia della nazione. Nel corso degli anni, il tema è stato oggetto anche di film sul razzismo in America e di film ispirati a storie vere.
A questo proposito, al di là dell’idea di Bush arrivata in sogno, ANTEBELLUM si basa su una storia vera?
No. Benché, quando è in scena il personaggio di Eden, il film descriva molte cose storicamente accertate all’epoca dello schiavismo, ANTEBELLUM non racconta precisi eventi realmente accaduti e i vari personaggi non corrispondono a persone esistite.

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“Via col vento” e gli stereotipi di Hollywood sullo schiavismo

Per modellare la trama di ANTEBELLUM, Bush e Renz hanno sfruttato molti degli stereotipi usati dal cinema di Hollywood per raccontare lo schiavismo americano. Il modello a cui appoggiarsi, nel tentativo di ribaltarlo, è stato soprattutto VIA COL VENTO (Gone With the Wind, 1939), il film con Janet Leigh e Clark Gable che, sull’onda di Black Lives Matter, è stato oggetto di revisionismo anche sulla piattaforma HBOmax.
Secondo Bush, il classico prodotto dalla Metro-Goldwyn-Mayer è un film dell’orrore, nonché un’opera di propaganda usata per cancellare ciò che è accaduto prima della Guerra Civile. (…) Siamo riusciti a ottenere e utilizzare le lenti [ndA: delle cineprese] con cui è stata girata la pellicola di Victor Fleming. È stato il nostro modo di correggere le cose utilizzando le stesse armi che sono state create per disinformare e preservare l’idea che l’esperienza dei neri fosse quasi nobile”.

Cosa rende un film sugli schiavi un buon film sugli schiavi?

In generale, la critica cinematografica statunitense non si è dimostrata molto clemente nei confronti di ANTEBELLUM.
In particolare, il lungometraggio di Bush e Renz è stato criticato per essere “un altro” film sullo schiavismo che non ha saputo distinguersi da quelli, pur meritevoli nei loro intenti, che sono stati realizzati finora.
12 ANNI SCHIAVO (12 Years a Slave, 2013), film vincitore di 3 premi Oscar, scritto da John Ridley e diretto da Steve McQueen, è stato il primo film sull’argomento sceneggiato e diretto da neri. Prima di allora, di produzione, scrittura e regia di film sul tema dello schiavismo si erano sempre occupate direttamente persone non afroamericane (vedi, AMISTAD di Steven Spielberg e GLORY con Denzel Washington e Morgan Freeman). Per la cronaca, ANTEBELLUM è co-sceneggiato, co-diretto e co-prodotto da Bush, che è afroamericano.
In un articolo molto interessante pubblicato a settembre sul Washington Post, viene evidenziato un aspetto non banale della questione: cosa rende un film sugli schiavi un buon film sugli schiavi? Le fonti confermano che non tutti i racconti sullo schiavismo sono campi di cotone, fughe a piedi nudi attraverso i boschi, cani che abbaiano e carne strappata.
Helena Andrews-Dyer, la giornalista del Post che si è occupata dell’articolo, propone una soluzione: “Un film che racconti una storia diversa. Un film che non cerchi di comprimere in una o due ore una epopea lunga secoli. Un film che offra al pubblico qualcosa su cui riflettere dopo aver lasciato la sala, specialmente in un momento in cui le immagini brutali di morti neri non sono solo nei libri di storia, ma nel telegiornale delle 6. Perché i buoni film sulla schiavitù sono ancora strumenti importanti per modificare la marea culturale.

[Nella foto principale: un’immagine promozionale di ANTEBELLUM].

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