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“True Detective 2”: le prime opinioni

Poche ore fa, è andato in onda il primo episodio della seconda stagione autoconclusiva di "True Detective", la serie tv cult della HBO, molto apprezzata anche in Italia. Il confronto con la serie precedente sembra difficile da evitare.

LA SECONDA STAGIONE DI “TRUE DETECTIVE” FINALMENTE IN TV

Tra le serie tv più attese degli ultimi tempi, c’è la seconda stagione antologica di TRUE DETECTIVE, prodotta e trasmessa dalla HBO. Il primo episodio ha esordito negli Stati Uniti poche ore fa: trasmesso in contemporanea (in lingua originale con sottotitoli) in Italia da Sky Atlantic, sarà replicato sulla piattaforma a pagamento stasera (22 giugno) alle 22:10. Le puntate in lingua italiana saranno disponibili, doppiate, a partire dal 29 giugno.

“TRUE DETECTIVE”: LE PRIME REAZIONI SUL WEB

Negli ultimi mesi, la HBO ha alimentato la curiosità dei fan di TRUE DETECTIVE centellinando dettagli sul cast e sulla trama (blindatissima anche per gli attori).
Intanto, sul web iniziano a comparire i primi commenti all’episodio d’esordio della seconda serie: le aspettative erano altissime e, forse anche per questo, i responsi a caldo non paiono entusiasti.
In particolare, abbiamo raccolto le opinioni di alcuni critici televisivi pubblicate sul sito HuffingtonPost.com (tranquilli, zero spoiler!).

Erin Whitney: “Vi dirò: ero dubbiosa in merito al cast, in particolare per il fatto che a Vince Vaughn è stato affidato un ruolo particolarmente oscuro, ma il primo trailer mi aveva fatto ricredere. Tutto quello che ho amato nella prima stagione, ovviamente, l’aspettavo anche nella seconda. Ma, dopo la premiere, sono costretta ad ammettere che sono rimasta incredibilmente delusa, per non dire confusa. (…) Anche dopo aver rivisto alcune scene per cercare di capire chi fosse chi e cosa stesse accadendo di preciso, francamente non ho trovato risposta”.

Matthew Jacobs: “(…) Se non fossi pagato per parlare di cultura pop, credo che avrei avuto meno voglia di vederlo subito. L’episodio sembra un assemblaggio di elementi della prima stagione, con una sovrabbondanza di personaggi che parlano come figure secondarie di Shakespeare, ma manca una trama intrigante. Un cupo Colin Farrell che picchia il padre di un ragazzino che ha dato fastidio al figlio? Noioso. Taylor Kitsch nei panni di un aspirante suicida? No, grazie. Mi sembra che l’assenza di Cary Fukunaga, che ha diretto tutti gli episodi della prima stagione, sia più dannosa di quanto potessi immaginare”.

Erin: “(…) Con questo primo episodio, sembra che il regista Justin Lin stia tentando di trovare una certa profondità nello script per cogliere la disumanità della criminalità californiana che sottende la seconda stagione. Invece, alla fine, ci troviamo davanti a ripetitive viste dall’alto che mi hanno annoiata come se fossi stata seduta sul sedile del passeggero in autostrada. Mi rendo conto che ci stiamo lamentando in funzione di paragoni con la prima stagione e, di per sé, è una cosa un po’ ingiusta. Ma, anche prendendo le distanze dalla stagione di grande successo scritta da Pizzolatto, mi aspettavo di incontrare dei personaggi in grado di svincolarsi dagli stereotipi generici del poliziotto sconvolto la cui rabbia viene alimentata dall’alcool. Il Ray Velcoro di Farrell sembra solo un padre incompreso con problemi di alcolismo. Il Paul Woodrugh di Kitsch inforca la moto come se stesse facendo una terapia contro la rabbia inespressa. La Ani Bezzerides di Rachel McAdams sembra piuttosto fredda e distaccata. Mi piace che tutti questi personaggi siano come delle anime perse alla ricerca di uno scopo, ma è difficile provare empatia nei loro confronti mentre li si guarda. (…) Guardando la premiere (…) è facile cogliere l’intenzione di allontanarsi il più possibile dalla prima stagione. Apprezzo la formula antologica e il fatto che la seconda serie sia incentrata su una storia completamente nuova, ma mi manca la fiducia che ispirava l’illustre precedente. Eravamo tutti incantati da Rust e Marty, perché la storia criminale era così profondamente intrecciata a letteratura, filosofia e psicologia e la sua direzione era chiara fin dall’inizio. (…) Ma questo è stato solo il primo episodio, quindi c’è speranza.

Matt: “È evidente dalle riprese aeree che il concetto che ‘la città è un personaggio’ è ripetuto come un mantra, ma viene applicato senza l’alienazione -e la specificità- della Louisiana. Con una migliore descrizione dei luoghi e convincendo il pubblico che il personaggio suicida (Kitsch), quello irascibile (Farrell) e quello stanco (McAdams) sono effettivamente il fulcro della storia, potrebbe essere interessante. In caso contrario, temo che l’evoluzione di TRUE DETECTIVE sarà tragica”.

[Testo parzialmente tradotto e adattato da HuffingtonPost.com]

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