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The departed – Il bene e il male / 20067.91008 voti

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di
VOTO:
8

Che Scorsese abbia vinto l’Oscar con The departed (o solo con The departed), è sintomatico di quanto poco questi pur conclamati premi possano dire della vita artistica di un regista (e di un uomo di cinema in generale).
Il film è sicuramente bello, accattivante, veloce (forse troppo), ma non convince al 100%. Forse perché si risolve in una sorta di thriller poliziesco fine a se stesso (lo vedo un pò meno gangster movie, pensando ai classici), che delude le attese di un pur fuorviante sottotitolo italiano e di un inizio che, nonostante il casino dominante nella prima mezz’ora, lasciava intravedere qualcosa di più di un finale caotico (nel doppio senso, stilistico e ontologicamente contenutistico).
Un finale arrembante e ruffiano, nel doppio senso del voler sistemare le cose e della chiusura ad effetto che genera quell’impatto emotivo che tanto piace al pubblico.
Costigan è il buono nonostante l’ambiente in cui è cresciuto. Sullivan è il secchione cattivo, a causa di un apparentemente isolato episodio della sua infanzia (o anche qui Scorsese è stato precipitoso, che dite?).
Insieme danno vita a un’intrigata storia di vicendevoli infiltrazioni, a tratti un tantino inverosimile.
La sceneggiatura fila, ma ha parecchie crepe, alcune dovute proprio alla velocità con cui si cerca di liquidare le cose, a vantaggio di una rapidità cinematografica che non sempre aiuta la trama.
Scorsese, comunque, tiene bene in piedi il teatrino, senza alcuna sbavatura nella regia.
Un cast d’eccezione ha contribuito al successo della pellicola: davvero ottimo Nicholson, che invecchiando migliora, come un buon Barolo, discreto Matt Damon e non male, per una volta, DiCaprio, che quando trova un ruolo adatto a lui (non ce ne sono molti per il vero) tiene bene la scena.
E poi due personaggi francamente inutili: una nell’economia dell’intreccio (la psicanalista contesa sentimentalmente dai due protagonisti, di cui francamente non si sarebbe sentita la mancanza); e uno per l’assillo di fare il duro a tutti i costi (ancorché solo dialetticamente): un Wahlberg discreto ma a cui si fanno pronunciare battute che lasciano perplessi.
Solita grande colonna sonora scorsesiana.
Stupende le location in una Boston fotografata anonimamente ma con lo stile che la contraddistingue tra la selva di metropoli americane.
L’unica certezza ce la dà profeticamente il titolo originale: muoiono tutti.

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