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Tenet / 20206.5234 voti

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Il problema di Tenet

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C’ho messo un po’ a capire quale fosse il problema di “Tenet” e perché (nonostante l’amore incondizionato che nutro per Nolan su cui di certo si sarebbero riversati i miei bias nel giudicarlo) il film, in fin dei conti, non mi fosse piaciuto.
Al solito, leitmotiv tematico del film, come per tutta la filmografia del regista, è il tempo. Con “Tenet” il tempo diventa nuovo materiale di traduzione per una tecnica cinematografica, come sempre, spettacolare: ora Nolan ci propone riprese rewind unite nella medesima sequenza a riprese lineari, giustificandosi con poche ma (forse) sufficienti spiegazioni riguardo entropia inversa dell’energia e, di conseguenza, della materia. Fermandoci un attimo, è qui il primo, anche se non decisivo, problema di sceneggiatura. Se “Memento” fratturava il montaggio in luogo della perdita di memoria a lungo termine del protagonista, e “Inception” creava paradossi narrativi grazie all’escamotage onirico, in “Tenet” la sospensione dell’incredulità cinematografica è più difficoltosa, perché la distorsione temporale non gioca più sulla distorsione percettiva che noi umani esperiamo del tempo, ma diventa un nuovo paradigma della fisica del mondo reale.
Eppure, già con “Interstellar” Nolan si inerpica in questo difficile scenario, con l’accortezza però di portarci fuori dal nostro campo di competenza, lanciandoci nello spazio siderale.
Tuttavia, non è questo il problema di “Tenet”. Il problema di “Tenet” è la pochezza dei legami umani che si dispiegano al suo interno. Tutto, in “Inception” ci riporta ai legami umani: Il trauma profondo che Cobb coltiva riguardo sua moglie Mal; il rapporto edipico che intercorre tra Robert Fischer e suo padre; il movente affettivo di Mr. Saito; tutto questo si fonde nella psiche interindividuale e condivisa del sogno collettivo.
In “Tenet” quali sono i rapporti umani? Purtroppo, l’unico di cui rimane una pallida traccia emotiva è quello tra il Protagonista e Neil (Robert Pattinson), di cui però ce ne viene dato conto soltanto nel finale, in pochi minuti comunque splendidamente girati. Il resto è “ingegneria del cinema”, tecniche mirabolanti di narrazioni escatologiche che hanno reso famoso Cristopher Nolan e che lo rendono agli occhi di tutti (me compreso) un genio della narrazione cinematografica, ma che da sole non bastano a lasciare un segno. “Inception” il segno lo lasciò, con “Tenet” sarà più difficile.

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