Ispirandosi ad un romanzo di Yoshikazu Takeuchi, Satoshi Kon fa il suo debutto ufficiale come regista di film d’animazione, producendo un thriller psicologico di grandissimo livello. La scelta del genere è stata forse una delle prime nel campo dell’animazione giapponese e tutt’oggi risulta un evento piuttosto raro.
Il personaggio di Mima, una idol che ha abbandonato il suo lavoro per inseguire una carriera da attrice professionista, è l’epicentro dell’intera narrazione. E’ immenso il modo in cui Kon fa identificare lo spettatore con la fragile psicologia della protagonista, riuscendo a rappresentare egregiamente tutte le sue paure, le paranoie e i suoi costanti momenti di confusione interiore. In questa pellicola è infatti molto sottile il punto che separa la realtà dall’illusione, grazie proprio ad una regia magistrale e ad una sceneggiatura molto solida. Il rapporto tra realtà ed illusione è una caratteristica che Kon ha poi ripreso e sviluppato nei suoi lavori successivi come il tragico Millennium Actress o l’onirico Paprika ma, paradossalmente, non riuscendo a ricreare lo stesso fascino scaturito invece dalla sua primissima pellicola. Perfect Blue è un film soffocante, narrativamente instabile, che lascia continuamente un groppo in gola e che fino alla fine non dà pace allo spettatore, chiuso come in una sorta di gabbia illusoria, dove non si può conoscere minimamente se ciò che è presente all’esterno sia effettivamente la realtà o un’altra illusione da squarciare. Anche sotto il punto di vista tecnico non ci si può lamentare: la grafica si difende benissimo e le musiche ricalcano perfettamente l’atmosfera inquieta ed angosciante, riuscendo a trasmettere una sensazione di metaforico soffocamento.
La pellicola migliore dell’autore a mio parere ed uno dei migliori (pochissimi) thriller psicologici di animazione giapponese. Inutile dire che ne consiglio la visione, anche per chi vuole avvicinarsi alla valida filmografia di questo regista.