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Il buono, il brutto, il cattivo / 19668.8663 voti

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Trionfo del cinema solare

di
VOTO:
8

Io sono un leoniano, spettatore poco oggettivo; del resto il cinema di Leone innamora prima di convincere, e per questo approccio estatico e forse acritico i detrattori inveleniscono oltremisura nell’ antileonismo feroce. Però se ti lasci sedurre dal western del grande Sergio, col tempo l’incanto sedimenta e si fa spazio la ragione; cosa potrà mai esserci di “sbagliato” in un cinema così solare, aperto, vero trionfo della finzione, del racconto, mai imbrigliato in uno stretto dottrinismo western che vorrebbe i piedi ben piantati sul verosimile storico, ma come i fumetti di Tex Willer spronato a mille verso la pura avventura e la bellezza selvaggia? C’è qui, d’altro canto, una Guerra di Secessione rutilante, fumante tra le macerie, indolente tra le cannonate, dove tutto è un ciondolare di feriti, mutilati, uomini in agonia, cadaveri e cimiteri. Un logorroico paradosso, una esasperazione del tono crudo e insapore della guerra che spazza via ogni ambizione d’eroismo, mette stranamente l’alcol tra le armi più pericolose, abbonda di bende e mosche e scarseggia di scontri epici all’arma bianca.
Forse l’ultimo capitolo della Trilogia del Dollaro pecca di eccesso di estensione. Tutto è lungo, tutto è tirato al massimo, sguardi e silenzi sembrano non finire mai. Clint Eastwood si è affinato, un biondo più pettinato col trench da fighetto, Eli Wallach ha preso il posto dell’esagerato Volonté, Lee Van Cleef si conferma un perfetto becco d’aquila, elegante e cattivo. E poi c’è il piccolo esercito di Cinecittà, tanti italiani anonimi dai visi efficaci, tutti rigorosamente carne da macello. L’immancabile vecchietto sdentato. E dietro le quinte, un rumorista che lavora come un matto, me lo vedo tutto intento a tintinnare il metallo per fare gli speroni e a battere due cosi di legno per fare il cloppiti-clop dei cavalli.

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