NientePopcorn

Cosmopolis / 20126.3260 voti

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VOTO:
8

Questo è il Cronenberg che mi piace. Questo è un film che dimostra come la maturità artistica di un regista che si è contraddistinto per una serie di film incentrati sulla metamorfosi non solo psichica ma anche fisica (La mosca, Videodrome, Scanners), possa applicare la stessa tematica anche a qualcosa di più esteso della singola mente umana, ad un modello di vita, che in questo caso è il capitalismo.
E per farlo il regista canadese utilizza i registri stilistici che lo hanno accompagnato per tutta una carriera: la trasformazione carnale, il sesso come veicolo e strumento catartico, l’asimmetria del corpo umano.
Se con Existenz sembrava aver chiuso un ciclo con Cosmpolis riesce ad andare oltre.
Il personaggio di Pattinson (sa recitare!) compie un lungo e lento viaggio attraverso la città, chiuso all’interno dello spazio isolato ed ovattato della sua limousine. E mentre intorno a lui si scatena il caos e la violenza, mentre il mondo precipita in una spirale di tumulti e confusione, il suo viaggio, estremamente rallentato gli consente di incontrare una serie di personaggio simbolici che attraverso lunghi dialoghi (sceneggiatura eccezionale!) gettano luce sulla visione disincantata e crudele dell’autore del romanzo (de Lillo) e che Cronenberg fa sua.
Non è un film facile. E’ un fiume di parole e di nozioni. Ma è significativo. Cronenberg applica il concetto di mutazione ad una realtà evanescente come quella del mercato finanziario, traduce l’andamento in borsa delle monete nell’asimmetria di un corpo umano, fa della carnalità di un rapporto la chiave per la trasmissione di informazioni.
Un pò come in Existenz.
Un pò come in Inseparabili quando l’utero tripartito diventa il perno dell’attrazione fisica.
Lo sguardo cinico sull’attualità finanziaria e sulla tragicità della crisi ha molte sfaccettature, che vanno oltre il semplice tumulto in cui precipita la limousione-casa di Pattinson. Il suo stesso personaggio (giovane, ramapante, ricco e assuefatto di ogni cosa, saturo di vizi e in crisi) e quello di Paul Giamatti (ossessionato, schizzato e disperato) sono due facce della stessa medaglia. Il giudizio perentorio di Samantha Morton sulla morte del futuro e quello disilluso di Juliette Binoche sulla fine di un’esistenza prima dei 40 anni si sovrappongono.
E’ un Cronenberg che si risolleva dal piattume dell’ultimo film (a Dangerous method), ritorna alle sue origini per parlare del nostro domani (proprio come suggerito da Samantha Morton).
E con una sceneggiatura brillante ed un cast perfetto confeziona un film da svolta. Sicuramente più di Crash e di Existenz.

Questa recensione ha 12 commenti

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