NientePopcorn

Caterina va in città / 20036.4312 voti

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VOTO:
7

Tutti avevano parlato molto bene di questo, che era uno dei pochi Virzì-film che mi ero perso. Caterina è una pischella di anni 13 che, in seguito a un trasferimento del padre professore a Roma, si sposta dalla provincia alla città. E ambientarsi nel passaggio dal paese alla metropoli facile per un ca**o non è. La classe è divisa tra la curva di quelli con kefiah e trucco dark, figli di girotondini ricchi e stupidi, e quelli fasci e fighetti, figli di altrettanto ricchi parlamentari di AN. Lei se li passa tutti, sballottata di qua e di là in un vortice di novità che la trascina e la costringe a guardare, dapprima con occhi stupidi e poi partecipativi, mondi tanto diversi e bizzarri. Per quando la dicotomia destra/sinistra sia piuttosto schematica e scolpita con l’accetta, è impossibile per chiunque credo non ritrovare elementi/forme/atteggiamenti che si sono incontrati anche nella propria esperienza, e riconoscercisi e distaccarsene dandogli il giusto valore. La storia diventa quindi un pretesto per un inizio di analisi sociologica, che è il vero punto forte e profondo del film. Il giudizio sulla borghesia romana odierna è abbastanza impietoso, perché alla fine di veramente a posto non si trova nessuno, solo Caterina quando decide di rimanere come ca**o era che tanto vale. Al tirare i nodi quelli di sinistra sono un filino meno stronzi di quelli di destra, ma non è di gran consolazione. Per Castellitto provo un sincero odio/fastidio, qui fa la parte del professore fallito con velleità intellettuali e mi sembra un ruolo perfetto per lui. Quindi sostengo non che sia stato bravo ma che gli sia venuto particolarmente bene perché è quello che è, miglior personaggio fatto da Castellitto forevva&evva. Infatti alla fine sparisce e se ne va, che si può volere di più?

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