Troupe televisiva scomparsa in amazzonia durante un reportage avventuroso per conto di un’emittente televisiva viene ritrovata da un collega antropologo; questi, visionando il girato abbandonato sui cadaveri dei quattro, scopre che i cosiddetti civilizzati sono più abietti dei cosiddetti selvaggi. questo film poteva essere un gioiello dei B movie, l’idea di fondo era interessante e offriva più di uno spunto di riflessione (negli anni 70, almeno): la gratuità della violenza mostrata a tutti i costi in ambito televisivo, la logica del profitto che sovrasta e annulla anche il più piccolo barlume di etica, l’avidità che impera in ogni ambito della comunità e detta le leggi del comportamento del singolo. tutto molto nobile se non fosse che “cannibal holocaust” è il tipico esempio di bue che dà del cornuto all’asino e al croissant: eccettuati gli esseri umani (che come da tradizione di umano hanno ben poco) gli squartamenti e le violenze perpetrate negli animali sono autentiche: non è il massimo veder aprire una tartaruga come una scatoletta di tonno, nè affettare teste di scimmia manco fossero salami ungheresi. ogni tot di minuti passa anche la chiappa, la tetta o la passera d’ordinanza, andate pure a dormire tranquilli. per le signore passano anche sporadici merluzzi, tanto per non farci mancare nulla e per dare un po’ di pepe alla pietanza; oltretutto, da che mondo è mondo sesso e violenza vanno d’accordissimo e alla fin fine ma sì! si digerisce tutto. anche la faccia di merda di luca barbareschi (forse). nota di merito alla colonna sonora, eccezionalmente buona visto il genere.