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Under the Skin / 20135.9173 voti

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Un esercizio di stile

di
VOTO:
7

Un prezioso esercizio di stile, in cui l’economia dei mezzi espressivi è portata all’estremo: nelle scenografie, nei dialoghi, nelle interpretazioni (qualche maligno potrebbe notare che alla Johansson l’economia dei mezzi espressivi viene naturale). Nelle mani di qualsiasi altro regista un soggetto del genere avrebbe generato tonnellate di discorsi e di retorica bolsa; qui rimane solo l’essenziale.
Lo stile è posto al servizio di una vicenda che non è tanto horror (l’unico soprassalto si prova nella scena subacquea), quanto aliena. La protagonista non ha nulla di umano, se non la pelle; i suoi pensieri sono in larga parte inconoscibili – è come se ci trovassimo di fronte alla versione malvagia degli alieni di 2001. Si serve dei sentimenti umani – soprattutto del desiderio sessuale, che è uno dei temi dominanti del film – ma non li prova. Almeno fino a un certo punto.
Ed è qui che il film incontra il suo limite. Basta davvero uno sguardo in uno specchio per riconoscersi umana? Il passaggio è troppo drastico e troppo scarsamente motivato (nel libro di Michel Faber, da cui il film è tratto, le cose vanno diversamente). Quindi anche scarsamente credibile, vista la precedente rappresentazione della protagonista, di cui al massimo si poteva cogliere una vaga perplessità di fronte alla generosità degli esseri umani, che nella vicenda vediamo spesso dimostrata – tranne che nel finale, malinconicamente tragico.
È questa mancanza di credibilità in uno snodo cruciale della trama a costituire un difetto non piccolissmo in quello che altrimenti sarebbe stato un vero capolavoro.

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