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The Tree of Life / 20116.6426 voti

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un capolavoro psicologico ed esistenziale

di
VOTO:
10

La prima parola che mi balza in mente per definire questo film è “universale”. Moltissime persone, di cui ho letto le recensioni su vari siti e blog, hanno optato invece per “noioso”, “assurdo”, “inguardabile” e termini con simili accezioni.
Premetto che probabilmente questo film non potrà essere mai capito fino in fondo da chi non ha vissuto in tutto e per tutto la situazione raccontata nella seconda parte della pellicola dal protagonista, interpretato da Sean Penn nell’età adulta.
E’ una condizione sine qua non, è imprescindibile per arrivare a comprendere che la maggior parte delle immagini, quelle che hanno fatto odiare il film a molti spettatori, sono un tentativo estremo di rappresentare i sentimenti.
E se proprio non si può concepire quanto l’infanzia del protagonista, annerita da un male sottile eppure quanto mai distruttivo, abbia condizionato il suo essere adulto, bisogna porre l’accento su ciò che molti hanno trovato assurdo: il legame esistente tra l’origine della vita, la cui descrizione occupa tutta la prima parte del film, e la vicenda della famiglia americana.
La quotidianità di Jack come dei fratelli è pervasa da una domanda importante, innescata dalla situazione familiare vissuta: il senso dell’essere che in seguito, con la morte del fratello, diventerà la ricerca del senso della vita. Ma tutto muove da lì, dall’essenza umana. Ciò che a mio avviso è sfuggito a molti è il fatto che i caratteri della madre e del padre, identificati più volte come “grazia” e “natura”, sono rappresentazioni, ricordi verosimili che si affacciano nella maturità del protagonista. Ogni immagine è poetizzata attraverso il ricordo.
Questo colossale lavoro di Malick è un resoconto della vita di Jack, dilatato per sviscerarne ogni istante, e là dove i traumi educativi della famiglia incontrano l’animo tranquillo e predisposto alla contemplazione, caratteristico del protagonista, ne viene fuori una riflessione a 360 gradi. E’ inevitabile quindi che il senso dell’essere, il significato dell’identità e della dignità (smarrita dal protagonista a causa della situazione famigliare) non può essere rintracciato nella circoscrizione di un’esistenza umana, che è irrisoria se confrontata con la totalità del tempo, ma appunto nell’intera storia cosmica, dove soltanto si può trovare il finalismo. La vita di Jack è un dettaglio certo, scientifico, che egli cerca di ritrovare nell’insieme di partenza, come un fenomeno con la sua legge. La ricerca di se stesso e del senso della vita, se così volete chiamarlo, non sono più due assurdità messe insieme senza alcun ordine, ma due elementi che si completano armoniosamente.
Concludo dicendo che se volessi far davvero comprendere l’intuizione di questa pellicola, dovrei riempire un libro intero. Forse dovremmo essere un po’ di più come il protagonista, dovremmo qualche volta fermarci e pensare in grande, rischiare, tentare di rispondere a domande che il più delle volte soffochiamo con la quotidianità. A questo punto non sarà un trionfo la risposta che daremo, ma il fatto di essere riusciti a pensare in termini di infinito, scorgendovi sorprendentemente anche la nostra più intima personalità.

P.S. Spero di aver reso comprensibile il mio pensiero, dal momento che non è facile spiegare la complessità di questo film.

Claudia 18 anni

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