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La casa di Jack / 20187.2144 voti

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LA CASA DI LARS

di
VOTO:
7

Come si commenta un film di Von Trier? Da dove si comincia? Vabbè…visto che si parla della casa che Jack costruì partiamo dalle fondamenta.

FONDAMENTA
Iniziamo col dire che si tratta del quindicesimo lungometraggio del controverso regista danese, il quale sfodera un opera personale quanto facilmente intelligibile da chiunque.
Questo film ha un legame fortissimo con la precedente opera del suo creatore. Ci sono diversi punti di contatto con “Nymphomaniac”. Innanzitutto il rapporto con la carne. Entrambi i protagonisti traggono piacere dalla carne. Se in “Nymphomaniac” la ninfomane Joe bramava piacere dal contatto con la propria carne, ne “la casa di Jack” lo squartatore Jack ricava godimento dal dilaniamento del corpo altrui. Un curioso parallelismo che trovo decisamente enorme per essere casuale e le analogie non sono tutte qui. Un altro aspetto similare è che in entrambi i film i protagonisti raccontato degli episodi della loro vita a qualcuno. Un ascoltatore attento ed incline al ragionamento. Che ascolta senza condannare e giudicare perentoriamente. Questa dinamica tra confessore e confessato ricorda tanto una seduta dallo psicanalista. E chi è che si racconta attraverso i suoi alter ego? Ovvio…il problematico zio Lars e la sua casa piena di ossessioni.

STRUTTURA PORTANTE
Come dicevo “la casa di Jack” è il film più facile da digerire di quelli fin qui proposti da Von Trier (almeno di quelli che ho visto io). E’ ricco di azione e umorismo tanto da renderlo il più commerciale della sua filmografia. E’ talmente pervaso di umorismo da farmi pensare che il danesone stia uscendo dalla depressione (dio ce ne scampi) che notoriamente lo ispira e lo muove. Questa volta l’attenzione non è focalizzata sulla fatica di vivere ma sulla ricerca della felicità, seppur breve, che ci affanniamo a cercare in qualcosa per cui siamo portati. Nel caso di Jack l’omicidio. Nel caso di Lars fare cinema.

TRAMEZZI
Ovviamente la storia viene portata avanti con il solito ritmo ponderatamente lento così da rendere estremamente fibrillanti i momenti più concitati e violenti della vicenda. Le divagazioni e le svisate sono sempre dietro l’angolo e possono piacere e non piacere.

IMPIANTISTICA
Dal punto di vista tecnico ho trovato come sempre fastidioso l’eccessivo cinetismo della camera a mano. Anche la qualità del digitale, estremamente rumoroso nelle scene più buie, mi ha colpito sfavorevolmente. Sorprendenti le scene plastiche.
Bella prova d’attore per Dillon. Bruno Ganz si congeda da questo mondo con un ruolo quanto mai emblematico, una felice e toccante chiusura di carriera.

TETTO
In definitiva un ottimo film che rispecchia in toto lo spirito del proprio architetto.

Questa recensione ha 4 commenti

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