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Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato / 20127.3846 voti

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Liberamente ispirato a…

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VOTO:

All’inizio avevo troppe aspettative. Una parte di me diceva: “Jackson ha creato un’epica monumentale, dieci anni fa, dovrebbe riuscire a mantenere lo stesso tono anche in questa nuova trilogia.” Ma questi tre film non sono basati su una storia epica. Lo Hobbit non è un romanzo epico, quindi una simile aspettativa era insensata. Di conseguenza, in seguito, mi ero più o meno preparato a guardare un film che al massimo poteva solo avvicinarsi alla maestà dei precedenti.
Ma ci sono state delle vistose esagerazioni, e non in positivo, dei cambiamenti del tutto arbitrari che hanno notevolmente abbassato il già scarso livello di serietà dell’opera. Certo è che alcune cose si erano notate anche nei trailer. Le elencherò, cercando di essere il più oggettivo possibile, in modo che questa recensione non sia un’accozzaglia insensata di ‘secondo me’, ma un’analisi precisa di cosa si salvava e di cosa non si salvava esponendo i fatti.
Ovviamente qualcuno potrebbe ribattere “A me questa cosa in particolare è piaciuta”, ma sarebbero affari suoi, ci sono errori oggettivi che vanno ben al di là dei gusti soggettivi.
Vorrei iniziare da una sciocchezza, il nome del film e le pronunce. Nell’italiano scritto, la lettera H seguita da una vocale vuole che l’articolo che la precede termini con una vocale; in questo caso abbiamo “Lo”. È la stessa cosa che dovrebbe accadere scrivendo la parola ‘hotel’. Ma nell’italiano parlato la lettera H è muta, non ha lo stesso suono che avrebbe in inglese. Quindi sentir dire “Dunque è questo, lo Hobbit” non è corretto. Scriverlo sarebbe corretto, dirlo no.

Cominciamo.
Si sa che Lo Hobbit è stato diluito in tre film perché è stato integrato del materiale anche dalle Appendici di ISDA, e si è potuto allungare il brodo. La fregatura non è questa. La fregatura è che Jackson calca la mano: come ha fatto con ISDA, quella trasmessa al cinema non è la versione estesa del film. Quella la vedremo solo in DVD. Al cinema vedremo una versione tagliata, censurata, incompleta di tutti e tre i film. Questo non è un incentivo per andare al cinema.
E, naturalmente, una singola storia divisa in tre parti risente di una grande lentezza, cosa che porta lo spettatore a distrarsi, dando luogo a chiacchiere e sbadigli in sala, come ho potuto verificare di persona.
Parliamo della colonna sonora. Per tre quarti abbondanti del film, le musiche sono le stesse di ISDA, e questo è davvero brutto. Sappiamo tutti che Lo Hobbit è collegato a ISDA, non serve ripetere la colonna sonora.

Altra cosa che si era notata nei trailer: Thorin, Fili e Kili non sembrano nani. Sembrano umani. Alti, per niente tozzi, niente fronte sporgente, come a voler distinguere i giovani e il capo dal resto del gruppo, formato da nani più ingenuotti: Balin e Dwalin si prendono a testate, Bombur pulisce i piatti prima che vengano riposti (una pattumiera nanesca) e rompe le sedie a Gran Burrone, Ori lancia sassi con la sua inutilissima fionda, Dori fa la macchietta offrendo tè in maniera diiivina… Capisco che spezzare la storia in tre parti serva anche a caratterizzare meglio tutti i nani, ma fatto in questa maniera no, cavolo. Senza contare il doppiaggio della ‘canzone dei piatti’, che di sicuro rendeva di più in inglese. Non dirò nulla sulle mosse in stile Matrix usate per riporre i piatti, si commentano da sole.

Ma si parlava di epica, che non è del tutto assente. I due flashback riguardanti la città di Dale e Moria sono meravigliosi, ricchi di scene visivamente potenti e di scenografie maestose.
Anche se…
Anche se in ISDA si era detto che le donne del popolo dei nani hanno la barba, da cui la credenza che esistano solo nani maschi, e in questo flashback si vedono chiaramente donne nano senza barba.
Anche se nel flashback di Moria si vede Thorin che sconfigge Azog, il che non è vero, nel libro (o meglio, nelle Appendici de Il Signore degli Anelli) non è Thorin a farlo.
E a proposito di Azog, va detto che nel film ha un ruolo molto più importante di quello descritto da Tolkien, tanto per creare un Cattivo apposta per questo primo film. E qui vorrei parlare del reparto make-up, perché c’è palesemente lo zampino degli uomini di Del Toro (regista in carica prima di Jackson), nel trucco di Azog. Sembrava di vedere il fratello muscoloso del principe Nuada (Hellboy II: The Golden Army).

Vediamo in che modo Bilbo venga in possesso di Pungolo, mentre Gandalf gli spiega che le lame elfiche (quindi non solo Pungolo) si illuminino di blu quando ci sono orchi nelle vicinanze. Cosa che, dunque, ci si aspetta anche dalla spada che Thorin trova nelle stesse circostanze, ma che invece non dà segno di illuminarsi. Al contrario Pungolo viene tranquillamente usata come una torcia nei pressi dell’antro di Gollum. E quando quest’ultimo uccide un orco, Pungolo si comporta come una moderna lampadina: si accende e si spegne a intermittenza per un paio di secondi spegnendosi poi del tutto.

E poi gli orchi. Orchi che cavalcano mannari… di giorno. Scherziamo? Jackson, che cavolo hai fatto? Non sono Uruk-hai! Orchi e goblin non tollerano la luce del sole, è stato detto parecchie volte nella trilogia di ISDA, al cinema e su carta! La Compagnia si stupiva di come gli orchi inseguitori potessero correre alla luce del sole (e infatti non erano orchi, ma Uruk), e anche uscendo da Moria, la Compagnia poteva permettersi di riposare e piangere Gandalf perché di giorno i goblin non potevano seguirla fuori.

Facciamo la conoscenza di Radagast… purtroppo. Costui, dice Gandalf, fa parte del suo stesso ordine di stregoni, chiamato Heren Istarion. Curunír (Saruman), Olórin (Gandalf), Aiwendil (Radagast), Alatar (Morinethar) e Pallando (Rómestámo) sono Istari, come sa chi ha letto Il Silmarillion e i Racconti incompiuti, a tutti gli effetti semidivinità con il compito di contrastare Sauron. Sono potenti, sono maestosi, hanno grandi poteri… e Radagast, nel film, usa questi poteri per resuscitare un riccio, ma non un riccio qualunque, bensì un riccio amico-amico di Radagast, che lo ha battezzato Sebastian. Radagast ha un nido per uccelli sotto il colbacco, e sulla faccia ha una colata di escrementi. Radagast ha la macchina, o meglio, una slitta di legno con cui scorrazza nei boschi. Detta slitta viene trainata da enormi “conigli di Rhosgobel”, più veloci dei mannari. Non ci viene risparmiata una gara di corsa tra Radagast-con-conigli e orchi-con-mannari, i diurni di cui parlavo più su. C’è un flashback in cui Radagast visita le rovine di Dol Guldur, ex-roccaforte di Sauron, e si scontra con uno Spettro dell’Anello (non ancora travestito da Cavaliere Nero). In ISDA, i Nazgûl non sono visibili, tant’è che sotto i cappucci non si vede nulla, a meno di indossare l’Unico. Ma Radagast (o forse solo lo spettatore, non si capisce) riesce a vederlo, e gli ruba pure un pugnale Morgul, che verrà mostrato al Bianco Consiglio (dando per scontato che lo spettatore sappia cosa sia e abbia visto gli altri film: un richiamo di Jackson al suo stesso lavoro, e ce ne sono altri.)

Arriviamo allo spettacolare Gran Burrone, dove i nani fanno il broncio perché non mangiano verdure. Rivediamo Elrond e Galadriel, quest’ultima convocata per una riunione del Bianco Consiglio, nel quale Saruman viene doppiato in modo molto più leggero, rispetto a ISDA, per tacere della frecciatina sul fatto che Radagast faccia uso di funghi allucinogeni.
Scopriamo che Galadriel sa fare una cosa molto figa, cioè parlare e poi sparire (letteralmente) un secondo dopo. Perché? Perché è forte che sappia farlo? Perché doveva? Forse perché è un’Elfa-Bella-E-Telepatica-Che-Sa-Mettersi-In-Posa-Coi-Suoi-Vestiti-Attorciglianti.
Non solo. Galadriel è anche priva del suo Anello, Nenya (presente nell’altra trilogia), dal quale mai e poi mai dovrebbe separarsi. “Questo è Nenya, l’Anello di Adamant, e io ne sono la custode” diceva la Dama nel romanzo La Compagnia dell’Anello. Come riassume Wikipedia, “Il potere di Nenya era quello di preservare e proteggere i luoghi abitati dagli elfi e le loro creazioni, nonché di occultarli agli occhi di Sauron”. Questo significa che i grandi regni elfici della Terra-di-Mezzo rischiano di cadere, se lei dimentica il suo Anello a casa.

E passiamo ai goblin delle Montagne Nebbiose. Il doppiaggio del Big Boss Goblin è atroce. La voce è troppo giovane ed educata per appartenere a un grosso e sanguinario goblin.
E ancora, il suddetto Big Boss Goblin si rivolge, a un certo punto, a un suo piccolo aiutante, un minuscolo goblin appollaiato su un’improbabile carrucola con il suo bel bloc-notes e matitina per appunti. Una volta scritto il messaggio da riferire, tira una cordicella e parte (tipo funivia), facendo anche un’acuta risatina malvagia che di malvagio non ha un bel niente. Ho riso per un paio di minuti buoni, non perché la scena fosse stata divertente, quanto invece ridicola.
Rimaniamo nelle caverne sotto le Montagne Nebbiose. Jackson si ripete ancora, senza nessun motivo. Gandalf e il Big Boss Goblin si affrontano su un ponte di legno, e la scena è palesemente un richiamo a quella più famosa del ponte di Khazad-dûm. E una volta abbattuto, prima di morire, il Big Boss Goblin si sente in dovere di sottolineare in modo ebete: “Sarò sconfitto”.
Ancora, tutti i personaggi, tranne Gandalf (assente fino a qualche minuto prima), cadono. Continuamente. A lungo. Da grandi altezze. E nessuno si rompe niente. Bello da vedere, ma la sospensione dell’incredulità dello spettatore può essere sfruttata solo entro certi limiti.

Uscendo al crepuscolo dalle caverne dei goblin, i nostri si ritrovano inseguiti dagli orchi-con-mannari (chiamati dal goblin su teleferica), e trovano rifugio su alcuni pini, che gli orchi cominciano a sradicare. Gli alberi cominciano a cadere uno dopo l’altro, come tessere del domino (sic). I nostri si lanciano di pianta in pianta come scimmie, finché non resta un solo albero. A questo punto Jackson scassa di nuovo le gonadi allo spettatore, ripetendosi una volta ancora. Sull’albero, Gandalf allunga il bastone su un ramo, e una falena ci sale sopra. Quindi Gandalf le parla e quella parte a chiamare le Grandi Aquile, che salvano tutti. Ero incredulo. Di nuovo la falena? Ma cavolo, perché? Che bisogno c’era? Autocitazione? Autocelebrazione? Non serviva, sembra che il regista non sapesse cosa fare e abbia copiato da se stesso!

Infine, come ponte tra il primo e il secondo film, viene mostrato l’interno di Erebor, la Montagna Solitaria, dove si ode un ruggito accompagnato da un primissimo piano di un occhio del drago Smaug. Un ruggito, non un verso umano, e tuttavia nei titoli di coda appare il nome di Benedict Cumberbatch, la voce ufficiale del drago. Un errore, di sicuro, perché in questo film Smaug non parla mai, o almeno non in questa versione incompleta del film.

E per non infierire non ho scritto nulla dei giganti di pietra che si ammazzano tra loro senza motivazione apparente, della dubbia pronuncia del nome ‘Smaug’ e dei mannari selvaggi diversi da quelli dell’altra trilogia.

Voto: 5/10, ed è generoso.

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