NientePopcorn

La maledizione dello scorpione di giada / 20016.8218 voti

an image

Show di magia dal mago Woody.

di
VOTO:
8

Dopo un decennio di alti e bassi, Woody Allen sforna di seguito tre grandi film, Accordi e disaccordi, Criminali da strapazzo e soprattutto La maledizione dello scorpione di Giada, probabilmente il migliore di questi tre. Ovvio pensare ad una rinascita per il grande regista e genio newyorkese, che in questo film attua un sentitissimo omaggio al noir anni 40, e si sbizzarrisce tra citazioni cinefile e battute pronte all’uso, in cui si ride molto e si riflette anche su ciò che il cinema può ancora fare e su quello che non può fare. Allen interpreta il suo solito ruolo con grande stile, lasciandosi trascinare dagli eventi e pronunciando celebri battute, nei panni del solito fallito che cerca di risolvere i suoi problemi concentrandosi su una missione come in Harry a pezzi o La dea dell’amore. Ogni tempo è scandito con precisione e nei dialoghi/scontri con Helen Hunt si raggiungono livelli che ricordano gli scambi di battute con le vecchie Mia Farrow e Diane Keaton. La maledizione dello scorpione di Giada è ipnotico, come l’uomo che controlla i due protagonisti, anche se il pubblico non ha bisogno delle parole “Costantinopoli” e “Madagascar” per lasciarsi trasportare, ma basta la grande prestanza davanti e dietro allo schermo di Allen e di tutto un cast costruito perfettamente e perfettamente assemblato per sottostare alla missione principale: costruire un omaggio in forma di commedia all’epoca del noir, in cui dei detective senza scrupoli inseguivano criminali da strapazzo che rubavano gioielli o opere d’arte da musei o dalle case di ricche signore, e quasi sempre riuscivano a recuperarli. Un mago-ipnotizzatore tiene in pugno CW(il personaggio di Allen, forse il più riuscito degli anni zero) e Betty, la sua adorabile nemica amante. Entrambi lavorano in una compagnia di assicurazione e il mago, ipnotizzandoli, gli fa rubare un malloppo di gioielli dai loro migliori clienti. Naturalmente, dopo ogni furto i due non ricordano nulla, e CW è anche un investigatore che si trova praticamente ad indagare su se stesso. I film di Allen mettono sempre una certa nostalgia, ma stavolta non è la nostalgia per il glorioso passato della vita vissuta, per l’incredibile impossibilità di ritornare indietro e fare scelte diverse, no. Qui la nostalgia è per il cinema tutto: con lo sviluppo tecnologico si sta perdendo incredibilmente l’idea di cinema come macchina del sogno, ma solo come macchina per produrre grana. Ecco perché Allen si mette a rivangare sui tempi in cui ancora il cinema, anche se con un genere come il noir, che per i più non riesce a creare emozioni straordinarie, riusciva a dare l’idea di essere una macchina dei sogni. Ma il film si tiene anche su un livello comico estasiante e particolare: Non è pieno di battute come alcuni precedenti, non ha un brio comico eccelso come i primi Allen, non è brillante come l’Allen di Manhattan o Io e Annie, ma comunque si tiene su un livello di comicità elegante, come è giusto che sia. Allen, probabilmente, chiude la sua parentesi da “uomo dei sogni” con questo film, poiché da qualche anno a questa parte, ha cominciato a dedicarsi al giro del mondo e al marketing nei suoi film. Ed è veramente un peccato, perché La maledizione dello scorpione di Giada resta l’ultimo, grande, sigillo del vero Allen, quello che ancora non si piega alle coalizioni del mondo moderno e resta attaccato al suo glorioso passato. Non ci resta che rivederlo più volte e restare, come sempre, terribilmente nostalgici.

Exit mobile version