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Autopsy / 20166.498 voti

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Horror accademico

di
VOTO:
5

Horror abbastanza convenzionale che, però, ha dalla sua parte una buona messinscena, con una bella fotografia e ponderati movimenti di macchina, anche se Øvredal, regista norvegese alla sua prima esperienza anglofona, insiste un po’ troppo con le “diluizioni” accademiche (come le varie presenze che compaiono all’improvviso davanti a una fessura, studiate solamente per far fare i classici sobbalzi sulla poltrona).

Benché i suoi assunti siano comuni a tanti film di genere (mi viene in mente perfino ParaNorman !), la storia è intrigante, perché si basa su una specie di rompicapo legato agli strani indizi rilevati durante l’autopsia del corpo senza identità: la soluzione arriva relativamente presto (forse, giunge prima allo spettatore un po’ avvezzo a certe trame, che ai continuamente stupiti anatomopatologi, i Tilden, interpretati da un buon Cox e da un Hirsch abbastanza incolore).
C’è da dire che taluni dettagli narrativi fanno davvero sorridere per la loro ingenuità. Su tutti, il fatto che Jane Doe (negli Stati Uniti, si usa questo nome, per indicare i cadaveri femminili senza identità) sia una sorta di pozzo senza fondo di “cose” nascoste al proprio interno: ogni volta che i due tecnici si avvicinano al cadavere, essi scoprono un particolare macabro e curioso, ad libitum.

Ah! Non riesco a soprassedere su una grossa incongruenza (aspetto, ovviamente, smentite/correzioni in merito): l’ascensore che conduce dal laboratorio al piano terra della casa dove è situato l’obitorio non funziona, l’unico accesso diretto verso l’esterno è ostruito dal “vecchio sicomoro” caduto, i due tecnici sono bloccati all’interno del seminterrato. Allora, come ha fatto a entrare nel laboratorio la fidanzata di Hirsch? Con l’ascensore? Ma quando, precisamente, se fino a un attimo prima l’elevatore era fermo? Per un attimo, ho sperato che la presenza della ragazza fosse una sorta di allucinazione o di malìa messa in atto da Jane Doe.

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