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Principessa Mononoke / 19978.2540 voti

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Il “cambio di faccia” di Miyazaki

di
VOTO:
10

Tra le mie gravi mancanze dei capolavori dello Studio Ghibli, vi era questo Princess Mononoke di cui tutti mi parlavano benissimo e che alcuni miei amici mi avevano consigliato più volte. Da estimatore di quel geniaccio di Miyazaki, ho provveduto a recuperare questa pellicola, cercando di mantenere basse le mie aspettative per evitare influenze di opinioni. Il risultato finale è stato che il film mi è piaciuto, e pure parecchio.
Princess Mononoke è una pellicola per certi versi atipica per gli standard di Miyazaki e dello Studio Ghibli. Se da un lato si riscontrano i temi tanto cari al regista, come la morale ambientalista e il rapporto uomo-natura (per giunta già abbondantemente trattati in Nausicaa Della Valle Del Vento, dove vi è in comune anche il ruolo primario della donna e il tono epico con cui viene proposta la vicenda), dall’altro si nota un cambio di rotta sotto il punto di vista più maturo delle tematiche già citate. Qui, rispetto al precedente capolavoro dell’uomo simbolo dello Studio Ghibli, vi è un tono maggiormente drammatico e tragico. La pellicola infatti ci presenta un’ambientazione dove l’uomo sfrutta morbosamente la natura per il suo fabbisogno e per il proprio egoismo (viene eseguito un disboscamento massiccio all’orribile scopo di forgiare armi da fuoco, simboli della guerra, a sua volta uno degli indissolubili mali dell’umanità), senza dare nulla in cambio e condannando l’ambiente ad un destino nefasto. Natura rappresentata da creature che richiamano visibilmente ad abitanti della foresta o a leggende tipiche del folklore orientale. Gli umani, invece, sembrano vivere in un periodo che ricorda molto quello dello Shogunato Ashikaga. A condire sensibilmente l’aspetto tragico-drammatico della pellicola vi è la presenza di una violenza che si può definire piuttosto eccessiva se vengono considerate le precedenti pellicole dell’autore, e una dose massiccia e costante di azione, che rende sicuramente la visione più leggera e piacevole, senza stonare affatto.
In un bel cast di personaggi, spiccano senza ombra di dubbio le figure di San e del principe Ashitaka, che nonostante siano entrambi esponenti rispettivamente della natura e dell’umanità, rappresentano il punto d’incontro perfetto tra le due fazioni in lotta, e fornendo quella piccola speranza di pace e armonia di cui la vicenda narrata necessita insistentemente.
San è cresciuta tra i lupi della foresta ed è quindi legata all’ambiente che la circonda, ma rimane pur sempre un essere umano. Ashitaka invece è un ragazzo cresciuto in un villaggio, ma comunque rispettoso della natura (non a caso il suo compagno di viaggio è uno stambecco gigante, altra creatura rappresentante della natura in questo film), innamorato di San e che quindi ha profondamente a cuore la sua crociata. Due figure quindi che non vanno prese singolarmente, ma che rappresentano entrambe le due facce di una medesima medaglia e che sembrano nate per un destino che le vede insieme come un’unica identità, come la giusta sintesi tra l’uomo e la natura che lo circonda.
Colonna sonora pregevole e di ottima fattura ad opera di Joe Hisaishi, ormai considerabile a tutti gli effetti come una delle costanti più importanti dello studio.
Cosa dire quindi alla fine di questo Princess Mononoke? Qui si può vedere un Miyazaki che non si discosta dai suoi canoni abituali, ma che coraggiosamente prova ad esporsi da un punto di vista diverso, più maturo e che mira ad un maggiore impatto emotivo nello spettatore.
A mio avviso, riuscendoci appieno e regalandoci uno dei suoi migliori lavori.

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