NientePopcorn

Senza lasciare traccia / 20186.738 voti

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Un rifugio nei boschi

di
VOTO:
8

Non bisogna scambiare Senza lasciare traccia per un film sulla ricerca di una vita a contatto con la natura. La natura in cui i due protagonisti sono immersi è un mezzo, non un fine, e ha dunque qui solo la funzione di uno sfondo, per quanto visivamente dominante. Il motivo che spinge padre e figlia alla vita nei boschi è un individualismo ridotto alla cellula elementare della famiglia, e che è l’effetto non di un’astratta ricerca della libertà ma della patologia estrema della vita sociale: la guerra, di cui il padre porta ancora i segni nella psiche. A nulla valgono le lusinghe della società, qui mostrata nel suo aspetto migliore, con servizi sociali ideali, ma anche nella sua vacuità, tra alberi di natale, concorsi di conigli e messe domenicali. Ma neppure basta – non per tutti, almeno – la comunità marginale più ristretta e accogliente, che riserva ai due un camper “un po’ più isolato” dagli altri e che simbolicamente coltiva la passione per le api, l’insetto sociale per eccellenza. La necessità ha il sopravvento, per quanto strazianti siano le sue conseguenze, e si può solo sperare che l’ultimo, tenuissimo legame, appeso letteralmente a una cordicella, non sia spezzato.

Ottimo film, di un realismo che concede poco o nulla all’estro cinematografico, commovente senza essere sentimentale. Bravissimi i due protagonisti Ben Foster e Thomasin McKenzie, che rendono perfettamente credibile l’affetto profondo che lega padre e figlia.

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