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La vita davanti a sé / 20206.473 voti

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Convenzionale, ma gradevole

di
VOTO:
6

Il nuovo film di Edoardo Ponti, La vita davanti a sé, nuovo film originale Netflix, è un film abbastanza convenzionale e prevedibile che si puntella su emozioni elementari, in primis la rabbia, ma che, dalla sua parte, ha una buona caratterizzazione d’ambiente, curata dagli scenografi Maurizio di Clemente e Maurizio Sabatini, e bravi attori.

Sophia Loren è tornata in scena, ottantaseienne, per il figlio Edoardo, a 6 anni dal cortometraggio La voce umana (2014), diretto sempre da Ponti.
La sua prova è di mestiere e d’affetto: il ruolo di Madame Rosa le calza bene addosso, perché la Loren conserva ancora quella ancestrale “presenza” femminile, materna e matriarcale, che ha contraddistinto i suoi migliori personaggi, e Ponti le regala un ruolo (forse, l’ultimo, vista l’età?) significativo perfettamente inscritto nella filmografia della Loren.
Menzione anche per il giovanissimo protagonista, Ibrahima Gueye (Momò).

Non ho letto il romanzo di Romain Gary da cui è tratto il film, ma la sceneggiatura di Ponti e Ugo Chiti, pur estremamente lineare, non mi è dispiaciuta, nella sua essenziale positività.
Bella la fotografia carezzevole di Angus Hudson. Non conosco la città di Bari, dove è stato girato il film, ma mi piace come è stata rappresentata, senza particolari georiferimenti, lasciando che siano architettura e aria a definire spazi e carattere del luogo.

Nei titoli di coda, si specifica che il film è stato girato durante la pandemia da coronavirus COVID-19: immagino che gli sforzi sul set per rispettare la normativa sanitaria siano stati molti e complicati. Eppure, la “confezione” del film non sembra averne risentito (ovviamente, ignoro se, sul set, ci siano stati problemi relativi a una eventuale diffusione del contagio). Insomma, plauso alla produzione per non aver fatto “pesare” sul risultato finale eventuali deficit legati a quanto sopra.

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