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Interstellar / 20147.81004 voti

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Si ok, bello, ma…

di
VOTO:
7

C’è desolazione e la consapevolezza di un futuro infausto nel pianeta Terra delineato dalla prima parte dell’ultima fatica di Christopher Nolan, regista ormai conosciuto ai più per la celebra saga de Il Cavaliere Oscuro. Il cibo scarseggia e le piantagioni non riescono a sopravvivere alle continue tempeste di sabbia che, oltre il sostentamento, soffocano un’umanità costretta a piegarsi al destino crudele che sembra aver segnato la fine dei suoi giorni. L’unica possibilità di la salvezza per la specie sembra trovarsi alzando gli occhi al cielo, come si fa ogni qualvolta si voglia pregare una divinità per cercare conforto o anche un briciolo di speranza. Così un padre (interpretato da un Matthew McConaughey in forma) è costretto al sacrificio più grande: l’abbandono dei figli in favore di un bene maggiore, la sopravvivenza dell’umanità.

Nei più intimi drammi familiari il regista di Memento dà il via ad un viaggio intergalattico esteticamente valido (ma non ai livelli di Gravity di Alfonso Cuarón), smodatamente ambizioso e volutamente complesso, in cui il tempo è ben scandito da immagini suggestive e dialoghi fisici-filosofici (a volte un po’ patetici, altre volte troppo cervellotici) che stemperano il vuoto e l’imprevedibilità dello spazio cosmico, in cui nemmeno le meravigliose note di Hans Zimmer trovano il modo di propagarsi.

Un’avventura che stimola e travolge ogni componente organica e metafisica dell’uomo che assiste, spesso costretto a combattere con una patina di commozione indotta e forzata dalla potenza e dalla quotidianità delle emozioni pure e reali che Nolan è riuscito a trasformare in riflessioni, al contrario del teatrino imbastito da Armageddon.

Credo sia dura inventare qualcosa di nuovo per un genere che ha alle spalle un bagaglio culturale e visionario di oltre sessent’anni, che oltretutto è impossibile da dimenticare. Ma Interstellar ha sfruttato la buona idea di raccontare l’Uomo prima dell’astronauta-messia, attraverso la forza dei sentimenti, le uniche vere motivazioni che possono controllarlo, spingerlo oltre i limiti spazio-temporali e permettergli di sfidare la morte, costringendolo allo stesso tempo a rimanere incollato con i piedi per terra, per non staccarsi dagli affetti di una vita. Le uniche cose che sembrano contare davvero per l’esistenza/sopravvivenza dell’Uomo, nonostante la lontananza delle coordinate.

E anche se la sviolinata sulla potenza dell’amore può risultare una motivazione un po’ sempliciotta e facilona per spiegare la trascendenza dello spazio-tempo, i paradossi temporali, quel “Loro” e la quinta dimensione (?), l’ultimo film di Nolan è l’ennesimo regalo di intrattenimento adatto ad un pubblico trasversale che, sono certa, apprezzerà i suoi sforzi molto più di me.

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