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Green Book / 20187.8401 voti

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Buon buddy movie a cui piace vincere facile

di
VOTO:
6

(Sei stelline e mezza)

Green Book è il secondo film “da solista” di Peter Farrelly, metà della coppia dei Fratelli Farrelly (l’altro è Bobby), autori di commedie come Tutti pazzi per Mary (1998) e Amore a prima svista (2001). Dal suo passaggio al Toronto Film Festival 2018, dove ha vinto il premio del pubblico, il film di Farrelly ha raccolto molti riconoscimenti, fra cui 3 Golden Globe (miglior film commedia, miglior sceneggiatura, miglior attore non protagonista – Mahershala Ali) e 5 nomination agli Oscar 2019.

Ispirato a una storia vera e co-sceneggiato da Farrelly insieme a Nick Vallelonga, figlio di uno dei protagonisti della vicenda accaduta sul finire del 1962, Green Book è una gradevole storia on the road che, sullo sfondo dell’America segregazionista, gioca a colpo sicuro sul leitmotiv del buddy movie con personaggi che partono dagli antipodi per incontrarsi felicemente a metà strada.
Green Book è un film edificante, rassicurante, divertente, empatico, adatto a un pubblico amplissimo, recitato da due attori, Viggo Mortensen (appositamente imbolsito) e Ali, in gran forma, con una bella ricostruzione d’ambiente e una sceneggiatura a prova di bomba, con situazioni calibratissime e personaggi e dialoghi ben costruiti e accattivanti.
Come non amare dopo due minuti di film il Tony Lip di Mortensen, italoamericano ignorante come una scarpa ma con “un cuore grande così” (cit.)?

Purtroppo, il film non incontra del tutto i miei favori per via della sua linearità: è costruito per blocchi (presentazione dell’antieroe, incontro/scontro fra i due poli opposti, meraviglia dell’uno nei confronti dell’altro, tutto fila liscio fino a un confronto drammatico ma chiarificatore, evento destabilizzante che celebra la definitiva intesa fra i protagonisti, happy ending) e l’evoluzione dei fatti, per quanto fedele alla realtà (e, perciò, hurrà, dato che le cose sono finite bene), è estremamente prevedibile.
Una mia compagna di poltrona, comunque ben più entusiasta di me del film (che, pure, mi è piaciuto!), alla fine della proiezione mi ha detto: “Pensavo che, da un momento all’altro, sarebbe successo qualcosa di brutto e irreparabile. Invece, per fortuna, no!”. Ecco: anch’io speravo che succedesse qualcosa del genere, giusto per dare un quid a un film molto convenzionale, al di là dei pregi enunciati in precedenza. Dal punto di vista cronologico e contenutistico, siamo nel solco di film recenti come The Help o Il diritto di contare: sono racconti che l’America si regala periodicamente per mettere a tacere la propria coscienza e con i quali anche noi, dall’altra parte dell’Oceano, proviamo a sentirci meglio, con i quali proviamo a dirci: “Io non sono come quel razzista del Tennessee!”.

Green Book è un film che, a suo modo, dà speranza, cosa di cui tutti abbiamo sempre bisogno, e che intrattiene piacevolmente per due ore e dieci minuti, trasmettendo messaggi solo apparentemente semplici,ma sicuramente costruttivi. Niente di più (ma a chi è meno cinico e cuordipietra di me può bastare, ci mancherebbe).

Questa recensione ha 2 commenti

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