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Flags of Our Fathers / 20067.2174 voti

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Flags of Our Fathers: un circolo vizioso

di
VOTO:
6

Il film è godibile, perché ben realizzato, asciutto, romantico ma senza orpelli superflui, in pieno stile Eastwood, una certa retorica compresa.
La storia è intrigante, perché è una sorta di una dolorosa caccia al tesoro.

Eppure, ho provato un profondo fastidio nel vedere quanto al genere umano piaccia mitizzare eventi di altrimenti dubbia portata.
La vicenda della bandiera di Iwo Jima è un episodio tra innumerevoli altri, ma in quel preciso momento storico l’epica di cui è intrisa la nota fotografia che ritrae i soldati impegnati nell’atto di issare il vessillo a stelle e strisce era necessaria, per infondere fiducia nei militari e nei civili.
Ma è un falso.
E detta fiducia, di allora e di poi, si fonda su un falso costruito a bella posta. Il che è per me quantomai desolante.

Bravo Clint, quindi, che ha insistito sul fatto che i protagonisti dell’evento abbiano vissuto come un peso ed un conflitto l’etichetta di eroi affibbiatagli da chi all’epoca ha fatto leva sulla famosa “onda emotiva” per ottenere vantaggi (per sé o per terzi, non importa) ed è lodevole, perciò, l’intento di rendere merito alla loro memoria tentando di restituirgli una dimensione umana.
Ma, secondo me, l’obiettivo è stato parzialmente fallito.
Perché l’aura di infallibile giustizia che, per esempio, circonda Doc (Ryan Phillippe) è solo un altro aspetto di quell’eroismo che (immagino) il libro da cui è tratto il film ed il film stesso avevano intenzione di smussare. Senza negare che quegli uomini fossero delle brave persone, il film li presenta come individui degni di essere chiamati davvero eroi per il sacrificio fatto non nel nome della patria, ma dei compagni che avevano condiviso con loro l’orrore della guerra. Ma l’assunto non era quello di ridimensionare proprio il peso di quel termine? Qualcosa mi sfugge…

Insomma, in maniera forse inclemente, forse superficiale, sicuramente cinica, mi sento di dire che siamo dalle parti di un gatto che si morde la coda.
Resta la curiosità di voler vedere comunque la seconda parte del dittico, Lettere da Iwo Jima.

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