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Educazione siberiana / 20136.7333 voti

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VOTO:
6

Il film ha due grosse pecche: l’ingenuità e la scarsa coerenza.

La prima è definita dal fatto che “si sente” che l’argomento è trattato da qualcuno che, pur affascinato dalla materia, strepitosa, ne è estraneo: lo sguardo di Salvatores sulla questione è come quello (per dire) di un turista americano in visita a Roma per la prima volta. Quindi, ciò che egli ha deciso di mostrarci è filtrato e perfino edulcorato dal fatto che è rimasto innegabilmente avvinto dal mondo degli onesti criminali siberiani, ma lo conosce in maniera superficiale, nonostante le consulenze che, ovviamente, avrà ricevuto.
Sembra mancare, infatti, il senso di inevitabile crudeltà che sottende la vita della comunità criminale e che, nel libro a cui la pellicola assai liberamente si ispira, costituisce l’asse portante dello scritto.

La seconda è di natura etica: la prima regola dell’educazione siberiana che viene illustrata è il disprezzo totale per le forze dell’ordine , eppure il protagonista, ad un certo punto, entra nell’esercito per potersi vendicare di un incancellabile torto.
Non mi si venga a dire che, questo, fosse l’unico modo di sbrogliare la matassa.
Mi stupisce che Nicolai Lilin, l’autore del libro, che appartiene (apparteneva? Non sono pienamente istruita sulla sua biografia) alla comunità di cui celebra le inflessibili regole, abbia accettato questo compromesso narrativo.

Detto questo, nonostante uno sviluppo assai prevedibile, la storia in sé è intrigante e la resa cinematografica è abbastanza buona.
Il cast è anch’esso buono, il divo Malcovich -per esempio- ha raggiunto quella maturità interpretativa, per cui sa riempire materialmente la scena quasi senza aprire bocca, ma non mi è piaciuto affatto Fedaravicius, l’attore che interpreta il protagonista, Kolima: praticamente impalpabile, bellino e delicato, troppo poco espressivo.

Nota personale: nella sua innegabile freschezza, la scena della giostra mi ha davvero emozionata.

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