Premettendo che il film tratta un argomento davvero profondo e complesso, difficilmente “indirizzabile” sotto un unico punto di vista, non ho trovato nell’opera di Vicari ciò che mi aspettavo. Dal punto di vista strettamente cinematografico, Diaz è un’opera per lo più visiva, esteticamente ineccepibile, ma ciò, a mio avviso, non basta per raccontare i fatti che accaddero durante la “Macelleria Messicana”. Si lascia poco spazio ai dialoghi, forse il metodo migliore per raccontare le diverse visioni dell’accaduto, e ai personaggi, molto criptici ed enigmatici, davvero troppo. Vicari non vuol fare “di tutta l’erba un fascio”, perciò deresponsabilizza, per quanto può, un po’ tutto e tutti. Nella Polizia c’è chi è buono e chi no, nei manifestanti c’è chi è un “black bloc” e chi no. E’ giustissimo pensarla così, tuttavia avrei preferito un maggior coraggio sull’osare risposte, considerando che questo film era necessario, sopratutto dopo la sentenza di assoluzione dei vertici della Polizia.