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C'era una volta in America / 19848.9794 voti

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VOTO:
6

Ma com’è possibile che tante persone considerino C’era una volta in America un capolavoro? Un film girato dal perfetto tamarro romano infatuato dell’America, a cui mancano totalmente gli strumenti per comprenderla, ma anche i sentimenti per entrare in una minima empatia con essa. Zero verosimiglianza o penetrazione sociologica: ebrei e cinesi sono trattati come oggetti esotici (per la serie, sai che in America convivono tante etnie?); i mafiosi sono creature ipersensibili con una connaturata predisposizione all’etica; gli intrighi tra mondo criminale, politica e sindacalismo restano in superficie e comunque sfiorano il ridicolo, sono buttati lì giusto perché se si vuole fare un’opera pseudoepica sull’America è meglio mettere in mezzo anche queste cose. Ciliegina sulla torta (che certo con queste premesse non poteva mancare), le donne sono rappresentate tutte come puttane create appositamente perché l’uomo possa stuprarle (le quali naturalmente non possono esimersi dall’avvertire istantaneamente un senso di riconoscenza e uno vivo struggimento verso il proprio stupratore). Il tutto – il che a mio avviso rende il film ulteriormente stomachevole – rivestito da una confezione di lusso che si muove lenta e nostalgica, contrassegnata quasi a ogni sequenza dalla colonna sonora strappalacrime di Morricone e ad intervalli di venti minuti-mezzora dallo sguardo (preferibilmente riflesso in una qualsiasi superficie che lo permetta) di un De Niro sempre col groppo alla gola e sul punto di piangere. Un film volgare, inautentico, autocompiaciuto.

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