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Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza) / 20147.6848 voti

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Entra la commedia, restano i drammi

di
VOTO:
8

Aspettavo questo film da quando uscì il primo trailer l’estate scorsa. Lo aspettavo da così tanto tempo che per un periodo mi sono persino dimenticato della sua esistenza.
Come potevo perdermi uno dei miei registi preferiti e uno dei pochi di cui abbia visto tutti i lungometraggi (Iñarritu) ed un cast composto da uno che è entrato nel mio cuore già solo per American History X e Fight Club (Norton, ovviamente) La ragazza di cui sono innamorato follemente (Emma Stone), quella gigante di Naomi Watts e Lui, l’anima del film, Michael Keaton? ovvio non potevo.

Lo spettatore sprovveduto o distratto che entra in sala convinto di assistere ad un film di supereroi, sbaglia. Il film è proprio l’opposto. Non è un cinecomic, ne è a suo modo una critica. Come da tradizione, Iñarritu analizza i drammi esistenziali dei personaggi che popolano i suoi film, che in questo caso tutto sono fuorché supereroi. Nello specifico, il protagonista (Riggan Thomson) è un ex attore, che ha raggiunto l’apice della popolarità grazie alla sua interpretazione di Birdman, (un supereroe) ma che, stufo del ruolo, molla tutto e decide di diventare un attore di teatro e di portare in scena, rischiando il tutto per tutto, l’opera di Raymond Carver “di cosa parliamo quando parliamo d’amore”. Riggan però è in lotta, oltre che con gli imprevisti, anche con i comportamenti imprevedibili dell’eclettico collega Mike, con critici troppo severi che minacciano di stroncarlo senza neppure aver visto l’opera e…con sé stesso. Infatti l’attore, viene continuamente ossessionato dall’incarnazione del personaggio che lo rese famoso, Birdman, che appare ogni volta che qualcosa va storto e cerca di convincerlo (o sarebbe meglio dire, cerca di autoconvincersi) che sia l’ora di rimettere il costume e ritornare ad essere la star di Hollywood che fu. Ovviamente Riggan non vuole saperne, ed è deciso a continuare la sua nuova carriera di attore teatrale, dedicandosi ad opere maggiormente profonde, anche se meno remunerative.
Ai tormenti del protagonista, fanno da sfondo quelli della figlia, ex tossicodipendente in lotta per uscire del tutto; quelli della ex moglie, preoccupata per la riuscita dell’opera, che se fallisse pregiudicherebbe la sua carriera, quella del marito e di conseguenza le loro finanze e la casa della loro figlia, ipotecata per raccogliere fondi per realizzare l’opera; Quelli dell’attuale compagna di Riggan che non si sente abbastanza amata; Quelli di Mike, che fa lo spaccone solo per nascondere la solitudine ed una fragilità di fondo.

Personalmente penso che sia stata una bella mossa quella di affidare la parte a Michael Keaton. Anche lui, come il personaggio che interpreta, dopo i fasti di “Batman” e “Batman – Il ritorno” è finito per anni nell’oblio, nonostante i numerosi film in cui ha continuato a lavorare.
Penso che interpretare Riggan, in fondo abbia emozionato anche lui. e a proposito del nostro protagonista, notevoli, inoltre, i suoi viaggi con la fantasia e il contrasto tra mondo reale e mondo onirico che ti fanno chiedere “ma sta volando davvero?” “ma si sta davvero buttando da un palazzo?” “ma si suicida davvero?” “Ma la pistola è vera o falsa?”

La sorpresa del film però per me è stata Zach Galifianakis noto per film come la trilogia degli Hangover (una notte da leoni) e “parto col folle”. Sapevo che fosse un grande attore, e finalmente sono riuscito a vederlo in un film dove non fa l’idiota totale. Non mi ha deluso.

Dulcis in fundo, vado a memoria, credo sia stato il primo film di Iñarritu, in cui ci sia stato un po’ di spazio per le risate. Ci sono frangenti in cui innegabilmente si ride.

Ps. Michael in maschera fa ancora la sua porca figura
Ps. 2 Ma quando alla fine del film è all’ospedale solo io che mi sono autosuggestionato e ho notato che le bende formassero la maschera di Batman o l’omaggio c’era realmente?

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