Io continuo a dirlo: l’Allen degli ultimi anni mi piace di più dell’Allen del passato. Sarà che il suo isterismo patologico degli anni d’oro, con il quale con tanta sapienza è sempre riuscito a disegnare parabole grottesche, oggi si stempera con qualcosa che assomiglia molto al bello di vivere, o sarà che di cinismo ne posso assorbire ben poco alla volta, a me sembra che i film degli ultimi anni abbiano meno di dichiarato e molto più di celato, sottinteso o velato, e che questa cosa abbia appunto a che fare con la bellezza delle relazioni umane. Il modo che ha di dipingere le varie città in cui si imbatte (New York questa volta) è tanto parziale quanto piacevole. In quest’ultimo film Allen compone un quadro umano caotico in potenza, semplice nella risoluzione. Il contrasto tra ciò che poteva essere e ciò che è stato entusiasma, e in tutto questo un protagonista pittoresco colora il mondo di dettagli poetici, romantici. Una cosa, forse, e non poco importante, avrei fatto diversamente dal regista: l’ultima sequenza, il lieto fine, stavolta l’avrei sospeso, evitato, perché quel prefinale sulla carrozza dolce-amaro, quel disvelamento del trucco dell’amore che rovinava il lieto fine ma sapeva tanto di realtà.. ecco, secondo me sarebbe stato meno dolce ma più intenso.