NientePopcorn

2001: Odissea nello spazio / 19688.4832 voti

an image

Affascinante e incomprensibile, come l’ignoto

di
VOTO:
8

Dal razzo nell’occhio lunare di Méliès, il cinema “spaziale” ha compiuto passi da gigante, ma non si è mai discostato troppo dal punto essenziale del suo raccontare; l’insondabile immensità sopra e attorno a noi, il dilemma dell’eternità abitata o disabitata.
Questo di Kubrick è in sè pure un capitolo fondamentale di quel filone fantascientifico che vede al centro la diatriba tra uomo e macchina (consiglio di lettura: Io, robot di Asimov). La dipendenza dalla macchina, la sterilizzazione dell’umano, concetto fotografato dalla geniale scena della corsetta dell’uomo in un cerchio di gravità, come una grandiosa ruota per criceti.
Per converso, Kubrick illustra grandiosamente il processo di ribellione ed “umanizzazione” della macchina: è un personaggio vero e proprio quell’ Hal 9000, voce flemmatica per un occhio a infrarossi, di cui resta a imperitura memoria del Cinema il suo canto del cigno:
“Ho paura… Ho paura, David… David… La mia mente se ne va… Lo sento… Lo sento… ”
E’ un film fluttuante, difficilmente riassumibile, senza centro di gravità, lento come le movenze lunari, come il galleggiare silenzioso nelle profondità buie dello spazio, assillante come il rumore del respiro dell’astronauta.
La mirabolante architettura cinematografica (specie per quegli anni, correva infatti il ’68) impatta, con i suoi scenari siderali e i suoi impianti futuristici, contro il nulla dell’ignoto; tutto perde ogni senso davanti a “quello strano coso”, quel liscio parallelepipedo nero, ignoto e muto.
Un film che spesso intontisce, con una cacofonia di archi impazziti o di voci umane, come un ronzìo incessante che accompagna la statica presenza del “coso” o la psichedelia del naufragio stellare dell’astronauta David. Un viaggio disseminato da meduse di luce e colore; Kubrick ha parlato di questo 2001 come una “esperienza visiva”, e forse lo spettatore d’oggi non trasecola più come il buon sessantottino, essendo quegli effetti terribilmente simili alle ottuse geometrie random di un windows media-player.
Il finale è in un misterioso, elegantissimo appartamento, trionfo del metaracconto, dove sogno, visione e ricordo approdano e si fondono in una ipotetica realtà.
Affascinante e incomprensibile, proprio come l’ignoto spazio profondo.

Questa recensione ha 4 commenti

Exit mobile version