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Unorthodox / 20207.5116 voti

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Fuga per la libertà in salsa soap

di
VOTO:
5

La fuga di Esty dall’oppressiva comunità ebrea ultraortodossa di Williamsburg è una storia vera. E come ogni fuga per la libertà genera subito quell’empatia che tira dentro chiunque. Ed infatti i primi due episodi (su quattro totali) giocano bene sull’equilibrio tra compassione e curiosità. Poi però chissà, forse per la deriva generalista di Netflix o perché magari il libro da cui è tratta era proprio così, tra le tante opportunità che gli si prospettano Unorthodox prende la strada del sentimentalismo da soap opera. Così il gruppo di amici appena conosciuti da Esty si rivela composto da tutti bravissimi e buonissimi ragazzi, anche chi sbatte in faccia ad Esty la sua mediocrità artistica lo fa così palesemente a fin di bene che non va sul ca**o neanche a lei. Per non parlare della loveline con un ragazzo che non esita nemmeno un istante nonostante Esty sia tutt’altro che conturbante e anche dopo non perde mai quell’aria sinceramente onesta da principe azzurro. Per non parlare del twist della madre che non l’aveva abbandonata ma anzi ha lottato con tutte le sue forze per portarla con sé. E già che abbiamo preso la piega da Libro Cuore, ci mettiamo anche una mezza redenzione del marito che mosso dal canto angelico della moglie intravede qualcosa di più oltre alla riproduzione. L’unico personaggio negativo, Moshe, è purtroppo tagliato con l’accetta quando invece avrebbe delle potenzialità altissime di conflitto visto che per lui riportare a casa Esty è occasione di redenzione verso quella comunità di cui in realtà è avulso tanto quanto lei. Serie secondo me sopravvalutata, viste le tematiche e l’impatto simbolico di alcune scene (bagno nel fiume come battesimo per una nuova nascita) ho l’impressione che avrebbe funzionato meglio come film.

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