NientePopcorn

Goodnight Mommy / 20156.659 voti

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Doppie identità

di
VOTO:
6

Il film che l’Austria ha tentato di portare agli Oscar 2016 si incentra su due temi fondamentali: quelli del doppio (o, meglio, del doppelgänger, visto anche l’ambito teutonico) e della sostituzione di identità.
In un crescendo di pericolo e di alienazione mentale, il gioco incrociato che mescola realtà e visione fantastica si fa via via più disturbante, in particolar modo perché, pur ripulendoli di ogni caratteristica smaccatamente infantile, affida ai bambini protagonisti gli atti più violenti del film.

Se Haneke, forse il referente più diretto della coppia di registi austriaci Fiala-Franz, con Funny Games, ma anche con Il nastro bianco, ha raggelato l’atto prevaricatorio, svuotandolo di ogni significato, rendendolo fine a sé stesso, al più profetico, Ich seh Ich seh (letteralmente, Io vedo, io vedo, ben più efficace del titolo internazionale) perde forza proprio nella rappresentazione della violenza, poiché sembra insistere sulla rappresentazione stessa (con quali strumenti un bambino “ferito” può accanirsi su un essere umano?) più che sul (non) motivo per cui essa viene messa in atto, lasciando aperti (forse, volutamente) troppi spiragli narrativi.

La radice del Male, in questo caso, ha origini cliniche e corrisponde alla crescente psicosi del piccolo Elias, che sembra lievitare in funzione di due traumi: la morte del gemello (avvenuta nel lago?) e il cambiamento della madre, susseguente ad un breve periodo di abbandono (incredibilmente, durante l’assenza della donna, nessuno sembra essersi preso cura del bambino, né dal punto di vista materiale, né, tantomeno, psicologico).
Mentre la presenza di Lukas in scena è ben presto riconducibile ad una fantasia di Elias, permane sufficientemente a lungo il dubbio sull’identità della donna che sostiene di esserne la madre: la sua incapacità di dimostrare efficacemente chi dice di essere è un’incongruenza solo parzialmente giustificata dal grado di incomunicabilità sorto tra il bambino superstite e la donna, probabilmente vittima di un incidente (non sappiamo se è lo stesso in cui è perito Lukas) e disfatta dopo un divorzio.
Mentre la donna, in ultima istanza, cerca di convincere Elias che la morte del fratello non è colpa sua, il ragazzino non fa altrettanto con lei: sorge spontanea la convinzione che l’accanimento di Elias sulla donna sia dovuto non solo allo straniamento legato al suo inedito atteggiamento distaccato e autoritario, ma anche al fatto che il bambino imputa alla madre il doloroso allontanamento (morte e rimozione del ricordo) dal proprio gemello.

Il fatto che Elias non provi definitivamente nessuna pietà nei confronti della donna è l’ultima deriva della sua alienazione: i suoi atti non hanno nulla di oggettivo, si tratta di pura vendetta e di messinscena (cruenta) della stessa.
Ecco perché, in conclusione, il film delude: benché, dopo un’attesa carica di aspettative positive, ciò accada prevalentemente nel finale, la pellicola si risolve in un gore dal carattere abbastanza convenzionale.

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