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Appunti di un venditore di donne / 20216.011 voti

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Film tratto da Faletti, guardando un po’ a Fernando Di Leo

di
VOTO:
6

C’è più di qualcosa che, secondo me, non funziona, in questo film. Peccato, perché si tratta dell’ennesimo esempio di “cinema-che-cerca-di-svecchiare-il-panorama-italiano-contemporaneo” con storie e soluzioni poco usuali che, però, non porta a casa il risultato, perlomeno non in toto.

In realtà, la regia è molto buona, il film ha un buon ritmo e il meccanismo narrativo è intrigante, perché, per un buon pezzo, la sceneggiatura firmata dal regista, Fabio Resinaro (e tratta da uno dei romanzi di Giorgio Faletti che non ho letto), fa guardare lo spettatore da una parte e, all’improvviso, lo fa voltare in un’altra direzione.

Cioè, quello che, inizialmente, sembra un film che propone il revival di toni e temi di un certo filone crime italiano degli anni Settanta (parlo della trilogia del milieu di Fernando Di Leo, eh, non dei poliziotteschi), diventa altro, ovvero una storia di vendette e tradimenti con qualche elemento di fantapolitica ucronica condito da doppi e tripli giochi e una raffica di colpi di scena.
Insomma, quasi un MacGuffin à la Hitchcock, per capirci, che, qui, è rappresentato dal lavoro del protagonista, Bravo (Mario Sgueglia), magnaccia d’alto bordo (una evoluzione in chiave taciturna del personaggio esplosivo di Mario Adorf ne La mala ordina, appunto) che viene incastrato in un complotto in cui convergono politici corrotti, Brigate Rosse (e il sequesto Moro) e SISDE.

Quel che non mi ha convinto, direi, è la mancata definizione di un contesto capace di far sentire il sapore della Milano del tempo (le insegne notturne create con la computer graphic, brrr…) e, poi, la prova di tutti gli attori, in generale, mi è sembrata poco ispirata, di taglio (ora la sparo…) troppo televisivo.
Punto a ulteriore sfavore: gran parte dei dialoghi quasi non si comprende, un po’ per la tendenza degli interpreti a pronunciare le battute a mezza voce, un po’… sinceramente, non lo so, sembra una moda questa dei dialoghi biascicati per riprodurre una presunta naturalezza. Vorrei che questa mania passasse presto.

Nota (mia) fine a se stessa: Sgueglia è truccato e vestito (volutamente?) in modo da sembrare una specie di copia di Keanu Reeves in John Wick.

P.s.: ma il set allestito all’Ascot, il locale in cui “lavora” Bravo (che, forse, potrebbe trovare una corrispondenza reale nel famoso Derby di Milano, visto il nome?) è lo stesso che si vede ne Lo spietato di Renato De Maria (2019)?

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