Vita da Carlo

/ 20216.132 voti
serie tvVita da Carlo

Carlo, attore, sceneggiatore e regista famoso grazie a una serie di commedie cinematografiche molto amate, è un uomo tendenzialmente generoso che non si nega mai al pubblico. La sua vita privata è caratterizzata da alti e bassi. Divorziato, ha due figli ormai adulti con cui non riesce più a dialogare. Innamorato della sua città, Roma, è tentato dall'idea di candidarsi a sindaco. Nel frattempo, lavora a quello che potrebbe essere il suo primo film interamente drammatico: 'L'incrocio delle ombre'.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Vita da Carlo
STAGIONI/EPISODI: 2 Stagioni , 20 episodi, in corso
Durata episodi: 30 min.
Attori principali: Carlo Verdone, Max Tortora, Alessandro Haber, Monica Guerritore, Andrea Pennacchi, Anita Caprioli, Antonio Bannò, Caterina De Angelis, Maria Paiato, Claudia Potenza
Creata da: Carlo Verdone, Nicola Guaglianone, Menotti
Produzione: 0
Genere: Comedy, Drama
Network: Prime Video, Paramount+

Dove vedere in streaming Vita da Carlo

Esperimento quasi psicanalitico (per Verdone) / 19 Novembre 2021 in Vita da Carlo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Vita da Carlo, serie tv Amazon Originals prodotta da Filmauro, costituisce il primo esperimento televisivo seriale di Carlo Verdone, qui nelle vesti di creatore, insieme a Nicola Guaglianone e Menotti, co-soggettista e co-ceneggiatore, interprete protagonista e, infine, regista di 3 dei 10 episodi che compongono la prima (forse, unica, visto lo sviluppo narrativo) stagione del telefilm (le altre 7 puntate sono state dirette da Arnaldo Catinari).

In breve, Vita da Carlo parla di Verdone, ma non è una serie documentaria su di lui.
Il protagonista è un personaggio evidentemente autobiografico, che porta con sé una vagonata di elementi “reali” che appartengono alla vita e alla carriera di Verdone (dati anagrafici, filmografia, idiosincrasie, amicizie, stato civile, passione calcistica, hobby musicali, ecc.), ma, parallelamente, viaggia nel mondo della pura finzione.
Per esempio, la moglie, interpretata da Monica Guerritore (che, quindi, non è Monica Guerritore, nella serie tv) si chiama Sandra: la vera moglie di Verdone, da cui è separato, ma non divorziato (come nel telefilm) si chiama Gianna. Nella finzione e nella realtà, la coppia ha due figli, un maschio e una femmina: Maddalena (Caterina De Angelis; nota a latere: figlia di Margherita Buy, altro legame con la vita e il lavoro di Verdone)/Giulia; Giovanni (Filippo Contri)/Paolo.
Max Tortora, Antonello Venditti, Alessandro Haber, Morgan interpretano se stessi (o, perlomeno, una versione di se stessi che viene identificata con questi nomi).
Rocco Papaleo, Anita Caprioli, Andrea Pennacchi, no.
E così via.

Ho elencato questi dettagli in maniera un po’ pedante, per evidenziare la natura curiosa di Vita da Carlo che, a conti fatti, è un prodotto di metatelevisione/metacinema non banale nel panorama italiano (ricordo un’idea simile, ma ben più canonica, nel soggetto della fiction Rai Mamma per caso, del 1997, in cui Raffaella Carrà interpretava una giornalista affermata – non una presentatrice come lei- che aveva preferito non sposarsi e che diventa madre quasi adottiva – come lei).

Penso che Vita da Carlo si inserisca bene nel solco non sempre felice della seconda (o, meglio, terza?) parte della filmografia di Verdone, quella senza i famosi “personaggi” che hanno fatto la fortuna dell’artista e che è caratterizzata da evidenti tentativi di mettere in scena in maniera più didascalica che altrove l’inevitabile amarezza che contraddistingue la vita quotidiana di tutti e che, sotto certi aspetti, può essere letta in chiave tragicomica (su questo, in fondo, si è sempre basata l’Arte di Verdone).

Il Carlo Verdone di Vita da Carlo porta con sé il desiderio dell’artista reale di proporsi al pubblico senza limitazioni o filtri. Nella finzione, l’anelito si scontra con un contesto refrattario a questo tipo di sincerità, al punto che il Carlo della fiction (e, probabilmente, quello reale) non riesce mai a scindere la sua immagine artistica da quella privata (per esempio, al di là delle richieste continue di selfie, in campagna elettorale al seggio di Sindaco di Roma, viene considerato solo un attore e non un cittadino attivo, amante e conoscitore della propria città).

Carlo-personaggio non riesce mai a comunicare davvero con qualcuno. In sostanza, è un uomo benestante, mediamente benvoluto, ma solo, nel privato, e incapace di sperimentare dal punto di vista artistico come vorrebbe.

Nel complesso, penso che Vita da Carlo faccia pochi sconti allo stesso Verdone (quello vero), che, con questo personaggio (perché tale è, in fondo), non si esime dal mostrarsi anche come una persona mediocre e difettosa. Perciò, al lordo della sua valenza quasi psicanalitica, ritengo che questa serie tv sia davvero curiosa, dal punto di vista narrativo.

Non è esente da difetti. Per esempio, reitera alcune trovate (il selfie o le imitazioni dei vecchi personaggi, su tutte) e, forse, non riesce a inserire sempre gli “ospiti” con la giusta naturalezza.

Nel complesso, però, dopo una (mia) iniziale perplessità, superata dopo 3-4 episodi, Vita da Carlo non mi è dispiaciuta. Non c’è dubbio che l’abbia trovata davvero molto più apprezzabile e riuscita del suo ultimo film, Si vive una volta sola (2021).
Sicuramente, la considero una piccola novità, nella proposta seriale attuale italiana, sia nella forma (al limite del sogno, se vogliamo) che nei contenuti.

Note di natura pseudo-tecnica:
– per quel che può valere, faccio i miei complimenti allo scenografo Giuliano Pannuti. A dispetto della ricchezza degli arredi e dei complementi, per via della sua credibilità e della sua domesticità, credevo che la casa di Carlo fosse “vera”, cioè che fosse un appartamento realmente abitato, leggermente adattato per diventare set. Invece, esclusa la splendida terrazza con vista sui tetti di Roma, si tratta interamente di un allestimento scenografico.
Qui, un’intervista a Pannuti: https://video.repubblica.it/serietv/vita-da-carlo-lo-sceneggiatore-spiega-come-e-stata-realizzata-la-casa-di-verdone-nella-serie-tv/401606/402316
In più, ho scoperto che la vista panoramica di cui si gode dalle finestre della casa è stata creata artificialmente, con una tecnica digitale (StageCraft) usata, per esempio, per gli sfondi di The Mandalorian della Lucasfilm. Ne abbiamo parlato qui: https://www.facebook.com/nientepopcorn/posts/6434832493254163
– le musiche originali di Fabio Liberatori, collaboratore di lunga data di Verdone, sono decisamente gradevoli. Ma c’è un brano che mi ricorda molto il tema del film L’estate di Kikujiro di Kitano Takeshi composto da Hisaishi Joe.
Questo è il brano di Hisaishi: https://tinyurl.com/53byh3dr
Il brano di Liberatori a cui mi riferisco è presente in quasi tutti gli episodi: per esempio, si può ascoltare nella nona puntata, al minuto 23:36.
Che sia un “omaggio” a Hisaishi (o al senso della tragicommedia presente in alcuni lavori di Kitano)? Non sono ancora riuscita a trovare nessun riferimento o dichiarazione a riguardo.

P.s.: ho notato quella che mi è sembrata una stilettata nei confronti di Paolo Sorrentino, con cui Verdone ha lavorato ne La grande bellezza. Quando, nell’ottavo episodio, Max Tortora si esercita per una scena che dovrà recitare per Sorrentino, Verdone gli dice: “Max, è Sorrentino, non te puoi porre troppe domande. O gliela fai così, o non gliela fai. Però, se gliela fai male, lui dà lo stop e te fa fà ‘na brutta figura davanti a tutta la troupe”. Ops.

(Sei stelline e mezza)

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17 Novembre 2021 in Vita da Carlo

Ed ecco che anche Verdone, come qualche anno fa Allen (al quale il nostro Carlo ha sempre guardato un po’, diciamocelo), si è cimentato nei serial.
Come idea ci sta anche, eh, il problema è l’eccessiva lunghezza e, soprattutto, lentezza (10 episodi di cui almeno la metà è di pura imbottitura, succede poco e nulla e questo particolarmente nella seconda cinquina) dell’intero prodotto che appare, anche, in difficoltà nel trovare una propria identità, privo di spirito, con un tono che oscilla ora nella malinconia spenta e ora in un umorismo senza sbocco e un po’ fiacco (ok le battute farmacologiche, ok le declinazioni vocali alla Sordi del Verdone recente, ok le interazioni surrealistiche, ma ormai il “verdoneggiare” tende a essere sempre un po’ ugule a sé stesso), appesantito da sottotrame di cui si perde il filo e che poco aggiungono, tant’è vero che restano irrisolte. Manca il guizzo, manca qualcosa che regga il ritmo in qualche modo, che tenga viva l’attenzione e che giustifichi una narrazione così dilatata. Sprecata perfino la presenza di Max Tortora (già male utilizzato nell’ultimo lungometraggio di Verdone – altro prodotto a mio giudizio malriuscito, quello) e le brevi apparizioni di Papaleo, Calabresi, Haber, per quanto qualitativamente notevoli non mi sono sembrate sufficienti a sopperire alle carenze della sceneggiatura.
Ha i suoi momenti, per carità, ma poi?
Una storia che non sa che direzione prendere, per un prodotto che non sa che direzione prendere.
Occasione sprecata. Peccato perché speravo proprio in qualcosa di buono.

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