Recensione su Tredici

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serie tvTredici
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Quando popolarità e qualità si incontrano / 12 Maggio 2017 in Tredici

È vero si, la nuova serie Netflix calca il solco dell’interesse contemporaneo per le “nuove” manifestazioni di violenza quali il bullismo, lo stupro, il cyberbullismo, lo stigma, e molto dell’interesse suscitato deriva dalla diffusione comunicativa di blog e testate giornalistiche, che molto spesso banalizzano i concetti ponendoli sotto la luce del male assoluto, epurandoli di contesto e spessore.
E subito va detto che Tredici no, non banalizza niente e affronta le tematiche di petto, sbattendocele in faccia nella loro complessità. Questa è la sua indiscussa forza, oltre ad una narrazione studiata ad arte per evolvere man mano con lo sviluppo della trama, nella logica del “seminare per poi raccogliere” frammenti di accaduto che non sembra spiegare immediatamente, ma con cui poi riesce a fare i conti con sapienza. Molto in Tredici è esagerato ma plausibile, conseguenza di una approfondita consultazione di specialisti (psicologi, sociologi ed esperti) a stretto contatto con il lavoro filmico: attori e scrittori in primis. Vediamo in breve alcuni punti salienti.
1) Lo scollamento e l’empatia con la protagonista Hannah Baker. Il collegamento tra la protagonista e lo spettatore della serie è tutt’altro che univoco, ma anzi è frammentato e va dalla condanna dell’esasperazione della condizione di Hannah, con la quale spesso non si condividono i troppi disagi, all’immedesimazione totale nel suo dolore progressivo. Hannah ci racconta le sue tredici ragioni del suicidio, e così facendo ci chiama inevitabilmente (e paradossalmente, data la sua morte esplicitata sin dall’inizio) ad un giudizio continuo del suo comportamento, delle sue reazioni alle vicende che la circondano. E questo giudizio, come detto prima, è in continua evoluzione durante il percorso seriale fino a sfociare, nell’ultima puntata, in un climax dall’impatto devastante, scansando il ragionamento razionale per incidere sull’empatia emotiva.
2) Clay e i personaggi di contorno: la comprensione delle loro azioni. Tutti i personaggi principali che interagiscono con Hannah, e che poi andranno a costituire le ragioni del suo suicidio, non sono mai costruiti con banalità, ed è forte l’immedesimazione che lo spettatore può provare nei loro confronti. La comprensione delle logiche dei “carnefici” è un altro dei punti stupefacenti della messinscena, e il motivo per cui la narrazione si fa multisfaccettata, reale. Se riusciamo a capire le ragioni di chi sta dall’altra parte il nostro giudizio è messo a dura prova, e lo stimolo alla comprensione diventa profondo. Un esempio: Zach, uno dei personaggi meno approfonditi, subisce nel suo percorso narrativo almeno tre o quattro sviluppi psicologici, passando da essere lo stupido complice al sensibile, poi vendicativo e ancora il ragionevole. Tutto con estrema cognizione di causa, mai forzando senza una valida giustificazione psicologico-sociale e di contesto.
3) Oltre i personaggi: la costruzione dei contesti familiari e sociali. Non meno importanza acquisiscono le famiglie dei personaggi della serie, molto spesso presentate con dovizia di particolari o accennate il tanto che basta per sottoscrivere livelli più profondi di comprensione dei ragazzi e delle loro azioni. È un intreccio articolato che da loro muove verso il contesto familiare e si allarga in quello sociale: ruoli, aspettative e aspirazioni per il futuro che collidono creando gap emotivi e incomprensioni, alla base di malesseri sia individuali che generazionali. La famiglia è, in taluni casi, incubatrice delle peggiori patologie o ansie sociali (è il caso di Justin, Alex, Zach o Courtney) o luogo di conforto e di ascolto (in modi diversi nei casi di Clay, Jessica e la stessa Hannah). È un approccio particolaristico al problema che evita di fare di tutta l’erba un fascio, pericolose generalizzazioni che ancora una volta avrebbero negato la complessità della tematica.
“Tredici” è forse il tentativo più riuscito di regalarci con una serie tv una lettura comprensiva profonda di certe tematiche, scansando una volta per tutte la divisione netta tra bene e male, vittime e carnefici, per sbatterci in faccia la complessità dell’intelaiatura sociale su cui tali problematiche attecchiscono, ricordandoci la responsabilità che tutti noi abbiamo nella creazione della vita sociale nella quale siamo immersi.

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