The OA

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serie tvThe OA

Prairie Johnson, cieca dopo un incidente occorsole nell'infanzia, scompare improvvisamente, all'età di 21 anni. Le ricerche per ritrovarla si rivelano infruttuose. Prairie ricompare altrettanto misteriosamente, sette anni dopo: nel frattempo, ha riacquistato la vista e sulla sua schiena sono comparse strane cicatrici.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: The OA
STAGIONI/EPISODI: 2 Stagioni , 16 episodi, conclusa
Durata episodi: 60 min.
Attori principali: Brit Marling, Jason Isaacs, Emory Cohen, Kingsley Ben-Adir, Phyllis Smith, Patrick Gibson, Brendan Meyer, Brandon Perea, Ian Alexander, Will Brill, Sharon Van Etten, Paz Vega, Chloë Levine
Creata da: Brit Marling, Zal Batmanglij
Produttore: Zal Batmanglij, Brit Marling, Brad Pitt, Sarah Esberg, Dede Gardner, Michael Sugar, Jeremy Kleiner
Produzione: Usa
Genere: Drama, Thriller
Network: Netflix

Dove vedere in streaming The OA

Niente da capire / 30 Ottobre 2022 in The OA

Se ci fosse qualche persona che sia un genio delle serie tv che mi spiegasse cosa vuole dire questa accozzaglia di scenografia.
Di tutto di più dai robot. Spiritismo scienza paranormale fantascienza .
Tv time ha sfinito tipologia serie” suspense “.
Esatto c’è solo questo voto 2

Decisamente non adatto alla famiglia… Bello non saprei dire… / 23 Gennaio 2021 in The OA

Leggendo le recensioni, immaginavo un bel prodotto vedibile anche in famiglia; ma neanche pochi minuti del primo episodio e mi sono dovuto ricredere di fronte ad una scena di sesso assolutamente e gratuitamente spinta che mi ha fatto immediatamente sospendere la visione con grande imbarazzo e fastidio…

1 Maggio 2017 in The OA

Perfetta. / 16 Febbraio 2017 in The OA

Una delle serie più belle che abbia mai visto, senza ombra di dubbio. Tiene lo spettatore incollato allo schermo per tutti gli otto episodi, dal primo all’ultimo.
È diversa da tutto le serie che ho visto fin ora, è intrigante, coinvolgente, aperta a mille interpretazioni. Ogni episodio è costruito perfettamente, c’è il giusto equilibrio tra presente e passato, tra misteri non ancora svelati e domande che hanno avuto le loro risposte.
Non sono ancora sicura che si tratti davvero di un fantasy, ci sono molti aspetti che mi fanno credere che non lo sia.
Quindi non vedo l’ora di vedere la seconda stagione, sperando di ricevere risposta alla innumerevoli domande senza risposta che mi frullano nella testa dal momento in cui ho finito l’ultimo episodio!
La consiglierei a tutti, anche ai non amanti del genere

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Quell’oscuro oggetto televisivo / 8 Gennaio 2017 in The OA

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Che strano oggetto televisivo, questo The OA.
Quanto c’è di calcolato e quanto di inconsapevole nella sua irresolutezza?
Nel suo misterioso e spesso incongruo dipanarsi, la serie tv originale distribuita a sorpresa da Netflix sul finire del 2016 si propone come un progetto intellettualmente ambizioso che semina suggestioni e rimandi desunti da un certo immaginario cinematografico e televisivo ben consolidatosi soprattutto negli ultimi tempi grazie a titoli come Black Mirror, ai trucchi narrativi di Nolan, alla coralità empatica di Sense8, ai macguffin hitchcockiani, alle gelide soluzioni visive di Fincher, al revival fantascientifico adolescenziale di stampo anni ’80 di produzioni come Stranger Things, altro prodotto seriale al quale, ancor prima del suo esordio ufficiale, The OA è stato accostato (a mio opinabile parere, in maniera gratuita e infondata, a dispetto di alcuni labili dettagli che vorrebbero collegare le due fiction) .

Al di là delle sue possibili connessioni con altri titoli e tendenze, la fiction scritta e diretta da Zal Batmanglij e Brit Marling (anche attrice protagonista) si distingue (sta al pubblico decidere se positivamente o meno) per la sua capacità di rendersi poco definibile e praticamente in-credibile.
Alla luce delle sue risoluzioni finali, infatti, la serie The OA non può essere inscritta in alcun genere preciso, né sembra percorrere un solco definito chiaramente: non si tratta di un racconto di fantascienza pura, non è un fantasy, è involontariamente comica, sa essere dolorosamente drammatica, sfiora pericolosamente i prodotti young adult, è capace di incuriosire spettatori appartenenti a diversi target (per età, formazione culturale, ecc.).
Da una parte, può essere assimilata all’ingenuo parto mentale di una persona con molta fantasia e pochi riferimenti precisi (con tutte le ingenuità connesse al caso). Dall’altra, pare un progetto appositamente studiato per rimanere sospeso in un limbo di matematica indeterminatezza architettato per affascinare e/o infastidire il pubblico.

A fronte di incongruenze narrative che, alternativamente, sembrano sostenere l’una o l’altra teoria, l’amalgama finale è in bilico tra un’opera riuscita e il tonfo sonoro.
Personalmente, dell’intero progetto ho apprezzato pressoché esclusivamente due cose: la sospensione dell’incredulità applicata a quella che sembra essere la messinscena della genesi di un mito classico o di una religione, con tanto di cerimonie, adepti, riti, formule e quant’altro richieda la situazione, e il senso del dubbio instillato via via nello spettatore. A cosa si assiste, guardando The OA? Qual è il confine tra verità e menzogna, se esiste tale limes?
A conti fatti, credo che Prairie/OA (PA, nella versione italiana) abbia inventato ogni singola cosa relativa alla sua prigionia. Vittima di traumi profondi e laceranti, di una prigionia violenta lunga sette anni, la ragazza ha sublimato la sua esperienza, occultandola a sé stessa, ai suoi uditori e al pubblico televisivo, imbastendo un vero e proprio viaggio dell’eroe, a uso e consumo della propria residua integrità mentale (un po’ come accade al personaggio di Robin Williams ne La leggenda del re pescatore di Terry Gilliam, per fare un altro riferimento cinematografico) e del pubblico.

In questo senso, The OA ha tutti i “pregi” di un racconto ondivagante: la narrazione che la caratterizza è ambigua, prolissa, piena di “buchi”, capace di far assurgere a figure mitiche personaggi decisamente mal abbozzati, esattamente come accade quando si tenta di raccontare o di ascoltare il resoconto di un sogno o si legge una pubblicazione letteraria da due soldi.
In tale senso, l’obiettivo della serie tv (se questo era) è stato ampiamente raggiunto.
Dopotutto, anche Omero, che definire “narratore da due soldi” sarebbe quantomeno ingiusto ed esecrabile, non era un narratore cieco che, come Prairie, raccontava di accolite di eroi e déi? E non è a lui, tra gli altri, che Prairie si “ispira”?
Se inteso come ho voluto fare io, The OA è l’ennesima (ma a suo modo interessante) rappresentazione di quel che pure Shakespeare ha cantato: “Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni. E nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita” (La tempesta).

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