Thriller noioso e prevedibile / 11 Agosto 2020 in The Head

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

The Head è una miniserie in 6 episodi disponibile in Italia su Amazon Prime Video, prodotta dalla spagnola Mediapro, HBO Asia e Hulu Japan, creata e diretta da David e Àlex Pastor (che, di recente, hanno lavorato anche per Netflix, vedi il film Dov’è la tua casa?) e interpretata da un cast internazionale in cui spiccano volti visti abbastanza di frequente al cinema e in tv, come John Lynch, Alexandre Willaume, Álvaro Morte e Richard Sammel.

La storia si svolge in Antartide, in una base scientifica internazionale dove si compiono importanti ricerche volte a contrastare il cambiamento climatico.
Come da programma di studio, la squadra si dimezza in vista dei 6 mesi invernali e, alla base Polaris VI, resta una decina di persone, composta da elementi dello staff tecnico e ricercatori. Gran parte della squadra è formata da persone che hanno partecipato a un progetto precedente, Polaris V, e, poi, ci sono due new entry, i membri più giovani del gruppo, il medico britannico Maggie (Katharine O’Donnelly) e un ricercatore giapponese, Aki (Tomohisa Yamashita).
A poche settimane dalla fine dei 6 mesi di buio e reclusione nella base, la Polaris VI resta isolata e l’equilibrio dei membri del team viene ulteriormente scosso da una serie di misteriosi omicidi. Qualcuno sta decimando la squadra e lo stillicidio insinua nei superstiti il timore di non essere al sicuro da nessuno dei propri compagni.

Per quanto possa ricordare più o meno lontanamente cose come 28 giorni di buio, Shining o La cosa (che, pure, viene ricordato esplicitamente nel primo episodio della miniserie, quasi per prenderne subito le distanze), The Head non è un horror, ma un thriller. Ahimé, terribilmente noioso, aggiungo.
Forse, condensata in un film di un paio d’ore, la storia avrebbe avuto maggiore sostanza. Al contrario, dilatata in più episodi, per quanto si tratti di un numero limitato di puntate, ha il sentore di un plot allungato senza una particolare ragion d’essere.

Per quanto claustrofobica, la location circoscritta e l’isolamento antartico incidono ben poco su uno sviluppo narrativo che non si “accende” mai e che non presenta particolari caratterizzazioni dei personaggi o elementi iconici legati agli omicidi, né acchiappa con l’uso e l’incrocio di più piani temporali.

Per quanto sia un racconto di genere fortemente ispirato ai gialli tradizionali, come quelli di Agatha Christie, per intenderci, la narrazione presenta molti (troppi!) elementi prevedibili, diverse ingenuità, dettagli assolutamente superflui ai fini degli esiti narrativi e, credo, anche alcuni “buchi” di trama (il fattore tempo sembra ignorato da alcuni passaggi del racconto e, benché possa essere un elemento funzionale a suggerire il senso di alienazione che si sviluppa in simili contesti, non si comprende esattamente quanto tempo trascorre tra un fatto e l’altro).

In sostanza, mi pare che The Head manchi l’obiettivo (sempre che lo avesse, intendiamoci) di rappresentare il cosiddetto seme della follia.
I due pretesti narrativi che, a conti fatti, muovono l’intero apparato (e che non citerò, per evitare ulteriori spoiler) possono essere considerati delle pazzie, ma non nascono né si sviluppano per via della particolare condizione fisica e psicologica in cui si trovano i membri della spedizione antartica.
Allora, perché scegliere un’ambientazione così estrema?

Infine, mea culpa, non ho capito neanche di striscio il significato del titolo. Inizialmente, visto il primo ritrovamento, credevo che The Head si riferisse al modus operandi del killer, ma, evidentemente, non è così. Chi mi aiuta a fare luce sulla questione?

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