Sword of the Stranger: lirismo action. / 29 Novembre 2014 in Sword of the Stranger

Sword of the Stranger è un solidissimo anime action di ambientazione storica: mi ha emozionata in maniera elementare come non mi accadeva da tempo.
Gli ingredienti della storia sono quelli abbastanza ricorrenti nei racconti di genere: un samurai solitario con un passato da dimenticare, un bambino in fuga da qualcosa che ne minaccia l’incolumità, un animale-totem, nemici -spesso sadici- a profusione (ma uno solo di essi è quello fondamentale, definitivo, degno dello scontro supremo).

Eliminando qualsiasi componente favolistica o sovrannaturale, Ando Masahiro racconta una storia dai toni epici pregni di azione contemporanea: il risultato è un fascinoso ibrido postmoderno che affianca alle gesta di guerrieri abilissimi con la spada le “figure retoriche” dei film d’azione.
In più momenti, ho pensato alle riletture cinematografiche delle opere tradizionali nipponiche ad opera di Kurosawa e di Miike (13 assassini), scoprendo, poi, che lo stesso Ando si è apertamente ispirato ad alcuni lavori di Akira-san e, di rimando, di Sergio Leone.
Il volto del Demone Biondo alterato dalla battaglia, poi, mi ha ricordato i mostri di Nagai Go (Devilman): veri o presunti, i corsi e i ricorsi estetici dei lavori giapponesi mi allietano sempre.

Sword… è particolarmente violento: allo spettatore non vengono risparmiati ettolitri di sangue sparati dalle arterie ad altissima pressione, teste mozzate, spade conficcate nei crani, frecce capaci di passare un corpo da parte a parte, arti staccati di netto dai corpi.
Eppure, tali carneficine, iconograficamente ineccepibili perché estremamente famigliari alle stampe antiquarie nipponiche (la crudeltà e l’eleganza sono parte integrante della cultura giapponese, come ha saputo sintetizzare bene Kitano in Hana-Bi, per esempio) sono assolutamente funzionali al disbrigo della narrazione, ne sono parte integrante, perché sottindendono il principio del sacrificio (talvolta, quasi sovrumano) nel nome del risultato.
E il risultato di questo lungometraggio animato è senza dubbio eccellente: in particolare, le sequenze finali di combattimento, caratterizzate da una dinamicità vertiginosa, valgono la visione dell’intero film.
Per tacere, poi, del momento in cui Pelo Rosso “libera” la propria spada, contravvenendo ad una promessa fatta anni prima: lirismo jappo in piena regola.

Sarei più che lieta di vedere almeno un seguito delle avventure di Senza Nome e Kotaro: il finale lascia presagire nuovi capitoli delle loro vicende, ma -attualmente- non so nulla a riguardo.

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