Recensione su Penny Dreadful

/ 20147.7186 voti
serie tvPenny Dreadful
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Per gli amanti delle suggestioni vittoriane / 21 Luglio 2015 in Penny Dreadful

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Prima stagione
Nutro una certa passione per i racconti gotici e le suggestioni di epoca vittoriana: Penny Dreadful le soddisfa in pieno entrambe, lodi lodi lodi.
Se le scenografie, pur adeguate (docks londinesi a parte), sono limitate sempre agli stessi scorci ricavati perlopiù in teatri di posa, i costumi firmati da Gabriella Pescucci (premio Oscar per quelli de L’età dell’innocenza di Scorsese), specie gli abiti di Miss Ives, sono una gioia per gli occhi.

Di fondo, però, questa prima stagione non è esente da difetti, essenzialmente narrativi.
Folgorante nei primi episodi (molto interessante, quasi toccante, il rapporto tra Frankenstein e Calibano), si attorciglia un po’ intorno a dettagli non trascurabili.
In primis, la presenza di Dorian Gray non pare davvero fondamentale (sulla carta, lui o un altro avrebbero potuto “scatenare” ugualmente Vanessa).
A seguire, il legame tra Mina e Vanessa non sembra condizionato da nulla di veramente particolare (ad eccezione del “tradimento” della Ives).
La “predisposizione” di Vanessa mi ha lasciato perplessa: non ho compreso esattamente perché il demone che la possiede abbia scelto proprio lei che, fino ad un certo momento della propria vita, ha condotto un’esistenza più che incolore. Per un po’, ho immaginato che i viaggi africani di Sir Malcolm avessero introdotto un elemento diabolico nella sua casa e che Vanessa fosse entrata in contatto con esso: nulla di tutto ciò. Così, ancora mi pongo domande in merito.
E così via. Ci sono diversi punti oscuri ed incongruenze (per esempio, che fine ha fatto il marito di Mina? Sir Malcolm non lo contatta mai, in merito alla sparizione della figlia. Eppure, Bram Stoker riserva uno spazio non indifferente al più volte nominato Archer nel suo Dracula) che, forse, la seconda stagione potrà svelarmi.

Resta il fatto che, cosa non da poco, la credibilità della serie sembra poggiare quasi esclusivamente sulla prova interpretativa di un’eccellente Eva Green: si tratta di performance sulle quali è praticamente inutile soffermarmi, vedere per credere.
Tolta la sua pregevole caratterizzazione di Vanessa Ives, Penny Dreadful sembra aver poco da dire, infatti. La presenza (o l’assenza) della Green condiziona l’attenzione dello spettatore, perché è il suo personaggio a costituire il vero perno della vicenda e l’interpretazione della Green è grande ed esclusivo, se vogliamo, valore aggiunto.
Benché abbastanza interessanti, il licantropo (potrebbe rivelarsi una buona sottotrama, durante la seconda stagione), Frankenstein e Gray non incuriosiscono quanto potrebbero.

Voto: 7

Seconda stagione
Il secondo ciclo di episodi mi ha lasciato interdetta, con il suo andamento incostante. Fino al terzo, quello che svela il passato “stregonesco” di Miss Ives, la vicenda stava lasciandomi indifferente, per via della sostituzione del nemico della prima serie (il “capo dei vampiri”) con uno nuovo (la congrega delle streghe): vedevo all’orizzonte un rischio dal sapore infantile, una di quelle soluzioni da teen-series in cui i nemici si susseguono uno dietro l’altro per il puro piacere di “non lasciare in pace” i protagonisti.
Il corpo centrale della stagione, invece, ha dissolto questo mio timore, proponendomi una storia solidamente drammatica, con un paio di colpi di scena niente male, come la definitiva (seppur troppo repentina) evoluzione di Brona/Lily ed una miglior definizione dei tormenti di Mr. Chastain.

Purtroppo, sul finire di stagione, i nodi della serie sono venuti nuovamente al pettine: personaggi superflui (Angelique, il “solito” Dorian Grey… dopotutto, anche John Clare, pur rappresentando la personificazione di conflitti insondabili ed irrisolvibili, è abbastanza fine a sé stesso) e situazioni e soluzioni illogiche (pur trattandosi di una serie fantasy, alcune discrepanze sono troppo evidenti per passare inosservate) hanno inficiato il completo godimento del prodotto completo.
L’ultimo episodio, in particolare, mi ha delusa: la frenesia di lasciare aperte alcune questioni ha soverchiato il desiderio di chiuderne altre, liquidate con grande faciloneria (es. il potere quasi millenario della Strega Madre -paradossalmente quasi ammansita, sicuramente meno inquietante che in altri frangenti- si dissolve immantinente).
Le pregevoli caratterizzazioni e le interpretazioni del gruppo principale di attori bilanciano queste falle (tutti eccellenti, dalla “solita” Green, passando per Hartnett, un elegante Dalton… e tutti, insomma), ma, seriamente, una terza stagione (temo ambientata negli Stati Uniti) potrebbe non avere alcuna utilità se non quella di sciogliere le questioni insolute.

Voto: 7

Terza stagione
Dimostrata l’inutilità narrativa di Dorian Grey e Brona/Lily, gli sceneggiatori hanno incomprensibilmente rincarato la dose aggiungendo alla serie diversi personaggi superflui come il Dottor Jekyll (mai in versione Hyde), Reinfeld (il segretario dell’analista) e Catriona Hartdegen: mal sviluppati, mal collocati… La terza, in particolare, sorta di Lady Oscar vittoriana, per via del suo cognome (e del suo anticonformismo) sembra richiamare i viaggi nel tempo di H.G.Wells, ma nulla di lei viene svelato e, a parte la sua bravura come spadaccina e il fatto che, in qualità di tanatologa, sveli qualche segretuccio sui vampiri a Miss Ives, non tange la vicenda in alcun modo.

Detto ciò, come nelle stagioni precedenti, la serie si barcamena tra picchi di virtuosismo recitativo ed estetico (Eva Green superlativa, Patti Lupone essenziale ed efficace, Dalton ancora un Lord perfetto, Rory Kinnear perfettamente dolente… ma tutti, anche coloro i quali incarnano i personaggi meno riusciti sono in stato di grazia, come Billie Piper) e soluzioni narrative puerili che si risolvono in un finale sì struggente ma privo di consequenzialità: pur trattandosi di una serie fantasy, fatico a sopportare la totale illogicità dello sviluppo degli eventi che l’hanno caratterizzata.
Nelle sue invenzioni narrative, infatti, la storia avrebbe dovuto tener conto di assunti precisi. In particolare, non comprendo i repentini cambi di fronte dei protagonisti, prima di Ethan Chandler/Talbot, poi della stessa Miss Vanessa: posto che la serie, al di là del sovrannaturale, parli in maniera originale di…nessuno (quello dei Nobodies è un concetto che era stato già affiorato nell’adattamento cinematografico della graphic novel From Hell di Alan Moore https://www.nientepopcorn.it/film/from-hell/ ), di reietti e di freak, giustifica velocemente troppe scelte e troppi scarti narrativi con il rifiuto della solitudine a favore del Male. In particolare, l’epica Vanessa è soggetta ad una strana ed impalpabile evoluzione nei pochi minuti in scena concessile negli ultimi due episodi: peccato, tremendo peccato.

Inutile dilungarsi sulle tante incongruenze offerte da un plot a lungo avvinto su sé stesso (ma è davvero difficile soprassedere sulla scomparsa senza colpo ferire di Dracula/demone: tanto rumore per nulla): resta il fatto che, pur essendo un prodotto di eccellente fattura tecnica e di grande ispirazione narrativa, Penny Dreadful inciampa nello sviluppo del racconto. Eppure, avrebbe avuto tutto il tempo (tre stagioni non sono poche) per rendere merito a personaggi ed interpreti di così elevata qualità.
Voto: 5

Voto intera serie: 6

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