Interessante fiction Rai sul disagio mentale negli adolescenti / 13 Agosto 2021 in Mental

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ispirato a una serie tv finlandese (Sekasin, 2016-2018) e destinato al solo streaming (almeno per ora, è disponibile gratis solo su RaiPlay), il progetto seriale Rai Mental è stato sviluppato dagli sceneggiatori Laura Grimaldi e Pietro Seghetti con la consulenza della Dottoressa Paola De Rose, neuropsichiatra infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma.

Mental si basa su storie vere: nei suoi 4 protagonisti adolescenti, confluiscono varie forme di patologie neuropsichiatriche.
Nico (Greta Esposito) soffre di allucinazioni e ansia e le viene diagnosticata una preoccupante malattia che potrebbe avere origini ereditarie.
Emma (Federica Pagliaroli) è autolesionista, anoressica e abile manipolatrice.
Michele (Romano Reggiani) abusa di sostanze stupefacenti, vive in una casa famiglia, è seguito da un assistente sociale e ha frequenti scoppi d’ira violenta.
Daniel (Cosimo Longo) è paranoico, bipolare, ossessivo e logorroico.
Tutti minorenni, i protagonisti vengono ricoverati nella stessa clinica e diventano amici.
Al gruppo, si affianca Valentina (Martina Bonan), una vecchia conoscenza di Nico che, forse, alla luce di alcuni eventi, meriterebbe anche lei un ricovero nella stessa clinica.

La serie Rai, premiata al Prix Italia 2021 dal pubblico e con la menzione d’onore della giuria tra le Web Fiction, non è esente da difetti, sia narrativi che tecnici, ma mi è piaciuta, soprattutto perché, senza facili pietismi, affronta un tema scabroso come quello del disagio mentale degli adolescenti.
La stagione è composta da soli 8 episodi della durata di circa 24 minuti ciascuno (tutti, tranne il quarto –Anima mia– hanno il titolo di un film famoso), ma la durata è davvero relativa: alcune puntate pesano molto, perché, nonostante il tono pop e ipercinetico del racconto, sono grevi di dolore, smarrimento e incapacità di comunicare il disagio personale e psicologico.

La serie Rai si dimostra onesta anche nel mostrare la fallibilità del sistema sanitario composto -dopotutto- da persone che, nonostante la propria professionalità, sono portate all’errore: il Dottor Simonini (Gianluca Gobbi) è francamente antipatico e incapace di gestire un rapporto con la figlia Tonia (Elena Falvella Capodaglio); la psicologa Giulia (Anna Bellato) è provata (e distratta) da una tragedia personale; l’infermiere Mirko (Simone Liberati) è amichevole e presente, ma sembra non avere sempre chiara la distanza che dovrebbe intercorrere tra personale sanitario e pazienti.

Nel corso della stagione, disturba un po’ la resa finale del sonoro in presa diretta e del missaggio sonoro (tanti dialoghi sono poco comprensibili) e, in alcuni casi, complice una certa semplificazione delle dinamiche, manca una precisa concatenazione di alcuni micro eventi.
Gli attori sono bravi, ma, a tratti, soprattutto i più giovani, sembrano lanciati senza paracadute (quindi, abbondano le parole smozzicate, sospirate, troncate e una sorta di fisicità esasperata, suppongo alla ricerca di una certa immediatezza e naturalezza).

Nel complesso, però, il risultato complessivo mi sembra decisamente positivo e sono contenta che, ogni tanto, come in questo caso, la Rai sia in grado di sperimentare toni e forme di racconto diversi dalle sue solite fiction, fintamente rassicuranti. Qui, l’unico messaggio confortante è che, in fondo, nessuno si salva da solo.
Il pregio di fondo di Mental, infatti, è quello di non aver paura nel ricordare spietatamente allo spettatore che, purtroppo, l’età anagrafica non esenta mai dalla sofferenza e che le soluzioni definitive non sono mai a portata di mano e, forse, neppure esistono.

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