Recensione su Love, Death + Robots

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serie tvLove, Death + Robots
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Fantastica fantascienza / 16 Marzo 2019 in Love, Death + Robots

Serie animata antologica per adulti, scritta e diretta dal Tim MiIler di Deadpool e prodotta da David Fincher, “Love, Death & Robots” è una raccolta di racconti principalmente sci-fi ma che abbracciano anche altri generi tra cui l’horror, il thriller e la commedia.

Piccolo gioiello di creatività ed arte visiva, la serie è composta da diciotto episodi non collegati tra loro, che alternando come già accennato i registri comico, drammatico ed horrorifico riescono a soddisfare i gusti più disparati, centrando il bersaglio che di volta in volta si prefiggono e dimostrando un livello medio complessivo decisamente alto.

Utile per la fruizione degli episodi è inoltre la loro durata ridotta (da 6 a 17 minuti), che rende la serie adatta sia per una maratona complessiva non stop quanto il guardarsi qualche episodio nei ritagli di tempo.
Per meglio capire la portata dell’opera, essendo formata da segmenti molto diversi uno dall’altro, invece di buttarsi in un’analisi complessiva è molto più utile esaminare brevemente gli episodi uno ad uno.

“Il vantaggio di Sonnie” (“Sonnie’s Edge”)
Combattimenti tra umani in simbiosi telepatica con dei mostri.
Episodio di apertura, “Sonnie’s Edge” è anche quello che più ho apprezzato, e ragionando a posteriori sulla serie come unicum sono contento che sia stato scelto come primo, perché credo che oltre ad essere uno di quelli di qualità oggettivamente migliore sia molto emblematico del focus della serie.
Animazione in CGI di qualità eccellente, che mostra i muscoli soprattutto nella sequenza di lotta tra le creature, ciò non mette in secondo piano una trama ovviamente breve ma intensa, con una protagonista interessante ed un arco narrativo ben gestito.

“Tre robot” (“Three Robots”)
Tre robot vagano per un mondo post-apocalittico commentando l’estinzione degli umani.
Dopo il dramma dell’episodio 1 si passa ad un tono molto più leggero e sarcastico, con i tre protagonisti che, trovandosi di fronte ad infrastrutture tipicamente umane, cercano di comprenderne l’utilizzo; a ciò si accompagnano sferzanti critiche alla stupidità della nostra specie e all’innata indole di autodistruzione insita nell’homo sapiens.
Segmento basato sull’infondere nello spettatore la classica risata unita al «È vero: è proprio così», “Three Robots” è un carino divertissement.
Simpatico il finale.

“La testimone” (“The Witness”)
La casuale testimone di un omicidio scappa inseguita dall’assassino.
Con un mood ansiogeno generato non solo dalla trama in sé, ma anche da uno stile grafico ricco di primi piani ed animazioni rapide, “The Witness” è una corsa verso la salvezza, inframmentata da sequenza sessualmente esplicite che fungono da una sorta di pausa contemplativa di un’esistenza, quella umana, in cui il pendolo oscilla tra la inconcludente fretta ed un piacere effimero.
Ottima scelta quella di dare molto risalto a livello uditivo all’ansimare dei personaggi, con la frequente aggiunta dell’appannamento della camera durante i primi piani, come se i characters avessero realmente un obiettivo puntato in faccia.

“Tute meccanizzate” (“Suits”)
Agricoltori combattono un’invasione aliena.
Per citare un amico, «”Redneck con i mecha” è una delle cose che non sapevate ancora di volere»; battute a parte, episodio che ricade nel classico “Uomo vs mostro” riuscendo però a non essere banale e noioso, grazie ad uno stile di animazione che ricorda quello dei videogiochi della casa di sviluppo Telltale Games e che ben si addice a quanto viene mostrato.
Relativamente leggero nonostante l’argomento, il tono è smorzato anche dall’uso di una colorazione vivace e quasi da pennarello, che esalta piacevolmente le figure.

“Il succhia-anime” (“Sucker of Souls”)
Spedizione scientifica risveglia qualcosa che avrebbero dovuto lasciar dormire.
Tra tutti, forse questo è l’episodio che personalmente mi ha convinto di meno. Non che non sia di intrattenimento, anzi, la sua violenza esagerata è paradossalmente divertente, ma ho avuto la sensazione che c’entrasse poco con gli episodi fin lì visti, e penso che non abbia quel quid per risultare memorabile e di impatto che magari altri segmenti possiedono.
Si guarda e via.

“Il dominio dello yogurt” (“When the Yogurt Took Over”)
I batteri dello yogurt diventano senzienti e conquistano il pianeta.
Su una trama del genere mi rendo conto che poco ci sia da dire. Utilizzando uno stile cartoonesco tipico dei programmi indirizzati ai più piccoli, “When the Yogurt Took Over” è indubbiamente l’episodio che sfocia maggiormente nell’assurdo; anche qui comunque è riscontrabile una pesante e benvenuta critica alla stupidità umana in genere, a cui ben si sposa una narrazione documentaristica alla Adam McKay / Michael Moore.

“Oltre Aquila” (“Beyond the Aquila Rift”)
Il salto spaziale di un’astronave ha un problema ed essa finisce lontana molti anni luce rispetto al previsto.
Inquietante. Molto.
“Beyond the Aquila Rift” è un gioiello di costruzione narrativa, semplice nelle sue apparenti premesse ma molto più complesso nel loro sviluppo. Una trama avvincente ed interessante, che riesce a montare la tensione gradualmente in un climax finale che rende un senso all’intero episodio.
Alcune scelte sono una palese strizzata d’occhio ad un film ormai classico nel genere sci-fi, ma che non posso menzionare per non fare spoiler sulla conclusione.

“Buona caccia” (“Good Hunting”)
Nella Cina della Rivoluzione Industriale, il rapporto tra un uomo ed una kitsune.
Ideale passaggio di consegne tra il mondo magico e quello materiale, “Good Hunting” riesce a costruire una storia poetica e romantica, di un romanticismo però non solo meramente amoroso, ma che comprende più ad ampio respiro l’elogio per un mondo destinato inevitabilmente a scomparire.
Grazie alla tecnologia, però, la magia naturale ed animista diviene qualcosa di diverso ma altrettanto irreale, a testimonianza della ciclicità degli eventi e di una circolarità inaspettata ma narrativamente ben congegnata.

“La discarica” (“The Dump”)
Un ufficiale comunale deve sfrattare un vecchio che vive in una discarica.
Dopo un paio di episodi seriosi, “Love, Death & Robots” ritorna sul terreno dell’ironia, con una tipica storia di paura aneddotica raccontata con un po’ di alcool nelle vene.Simpatico ed esagerato, “The Dump” ha un posizionamento strategico per stemperare la tensione e la drammaticità precedenti, con la presenza del tema “vecchio che se ne frega della modernità e vuole solo essere lasciato in pace” che suscita naturale simpatia.
Un paio di piccole chicche faranno sbellicare lo spettatore attento.

“Mutaforma” (“Shape-Shifters”)
Nella guerra in Medio Oriente, l’esercito americano si serve di soldati particolari.
Come il già visto “Sucker of Souls”, anche questo episodio centra ben poco con il tema generale della serie, ma gli è superiore grazie ad una breve storia di amicizia e di accettazione del sé che lo eleva rispetto ad una stereotipata lotta violenta contro una minaccia ignota.
Da segnalare una CGI anche qui ben fatta ma più legnosa di “Beyond the Aquila Rift” e di “Secret War” (che vedremo poi), per il resto non molto da dire senza cadere negli spoiler.

“Dare una mano” (“Helping Hand”)
Un’astronauta si ritrova alla deriva.
Episodio che riprende la tematica di “Gravity” di Cuarón, “Helping Hand” è uno degli episodi incentrati sull’ansia. Carenza di ossigeno, aiuti che non arrivano e concreta possibilità di morire nello sconfinato vuoto in cui “nessuno può sentirti urlare”, altro fattore citato, per un segmento in cui anche la capacità di sacrificio per rimanere attaccati alla vita dimostra la sua importanza.

“La notte dei pesci” (“Fish Night”)
Due venditori porta a porta rimangono in panne con la macchina nel deserto nordamericano.
Episodio maggiormente onirico della serie, “Fish Night” sfrutta una trama semplice ed apparentemente priva di spunti per mostrare animazioni coloratissime e ben realizzate, virando la storia su un confronto generazionale alla Cat Stevens con il maturo calmo e riflessivo che ha accanto il giovane intrepido ed avventato.
Stile visivo che ricorda vagamente il cel-shading del videogioco “XIII”, tratto dall’omonimo fumetto franco-belga.

“Dolci tredici anni” (“Lucky 13”)
Il rapporto di “amicizia” tra una pilota militare ed un’aeronave nota per portare sfortuna. 
Legame uomo-macchina contornato di superstizione, desiderio di rendersi utili e determinata volontà di oltrepassare i propri limiti; aggiungete il tema dell’ammasso di ferraglia che pur vecchio dimostra ancora la sua (stile Herbie, il maggiolino tutto matto) venendo di conseguenza preferito da un’umana “romantica” ai nuovi ritrovati tecnologici e si ottiene una trama classica impreziosita dalle consuete scene militari.
Più profondo di quanto potrebbe sembrare. 

“Zima Blue” (id.)
Una giornalista deve intervistare un pittore le cui opere sono caratterizzate da una particolare tonalità di azzurro.
Ritorno alle origini in salsa artistico-fantascientifica, “Zima Blue” è uno degli episodi più delicati e poetici: da esso emerge infatti la circolarità tra progresso e regresso, per cui se l’obiettivo è aspirare alle vette più alte dello scibile umano, la via migliore è paradossalmente quella di alleggerirsi mentalmente e fisicamente, fino a far riemergere la propria vera essenza.  Interessante anche il tema del triplice rapporto su cui si basa l’arte: artista-opera, artista-pubblico e opera-pubblico.

“Punto cieco” (“Blind Spot”)
Una banda di ladri assalta un veicolo blindato fortemente difeso.
Azione pura: bastano due semplici parole per definire questo episodio, in cui si abbandonano quasi totalmente elementi filosofico-introspettivi, dalla grande rilevanza in altri segmenti, per imbastire invece un train heist adrenalinico e su più livelli di pericolosità.
Il fattore veramente importante non è ciò che il gruppo tenti di rubare, ma i vari ostacoli che compaiono via via lungo il tragitto.
Coloratissimo ed avvincente.     

“L’era glaciale” (“Ice Age”)
Una coppia scopre che nel nuovo freezer esiste un microscopico mondo umano in evoluzione.
Episodio in live action (protagonisti Topher Grace e Mary Elizabeth Winstead), anche qui il tema principale è quello del ciclo: pur se il tempo scorre convenzionalmente in una sola direzione, non è detto che con il passare di ere troppo grandi per la concezione umana esso non ritorni a presentare daccapo lo stesso corso evolutivo.
Pur non essendo disprezzabile, “Ice Age” è forse un pesce fuor d’acqua nella serie, un po’ per la sua assenza di animazione, un po’ per la ripetitività di un concetto già visto.
Comunque discreto.

“Alternative storiche” (“Alternative Histories”)
Sei possibili scenari storici di cosa sarebbe successo se Adolf Hitler fosse morto prima di fondare il Partito Nazista.
“Alternative Histories” è la sagra dell’assurdo: grazie ad uno stile visivo minimale nelle forme e vivacissimo nei colori, vengono delineati universi paralleli basati sul nonsense e sull’esagerazione, in cui il futuro Führer viene ucciso nei modi più bislacchi ed improbabili, portando a conseguenze altrettanto fuori di testa.
Divertentissimo e leggerissimo, una serie di allegri WTF da gustare senza anticipazioni.

“Guerra segreta” (“Secret War”)
Durante la Seconda Guerra Mondiale, un plotone di soldati russi viene inviato ad eliminare una minaccia sconosciuta.
Si ritorna al realismo, alla crudezza e all’ambientazione militare per questa conclusione di serie: “Secret War” offre una CGI di pregevole fattura, che ben si sposa appunto con la serietà delle tematiche. Pure qui uomo contro mostro, ma con un paio di elementi che rendono anche questo episodio interessante ed avvincente.

5 commenti

  1. Stefania / 16 Marzo 2019

    Li hai già visti tutti! Per ora, mi sono fermata al quinto: ci risentiamo a fine visione 😉

  2. Federico66 / 18 Marzo 2019

    Complimenti per la recensione, veramente molto dettagliata 🙂

    • mat91 / 18 Marzo 2019

      Grazie, è che essendo episodi molto diversi tra loro avrei fatto molta fatica a riunirli tutti in un discorso unico, ho preferito parlarne uno ad uno.

  3. inchiostro nero / 22 Marzo 2019

    Il succhia anime è un mirabile sunto sull’arroganza e ambizione umana, che fagocita la brutalità rendendola assurda e paradossale. Da qui la critica ad una società dedita al desiderio, non quello naturale e spontaneo della conoscenza, ma quello di ”conquista”, cercando sempre di invadere e corrompere ogni tipo di ambiente. Il vampiro è solo una figura mitologica, che viene usata come pretesto, e soprattutto come monito.

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