Un delirio di oltre sette ore / 18 Febbraio 2016 in Hitler, un film dalla Germania

Cosa spinge un essere umano a vedere un film del genere? Temo che la risposta sia la follia, la stessa che ha mosso il regista a intraprendere questa impresa.
Quello che poteva essere un semplice documentario diventa un qualcosa di monumentale e assurdo. E’ un film sperimentale, si parla del nazismo, ci sono sfondi teatrali, manca una linearità: tutti gli elementi, insomma, per essere dichiarato capolavoro dalla critica e dai cinefili più arditi. Non rientrando in queste categorie, non mi sento di dare un voto eccellente a un film che, diciamocelo, delira per la maggior parte del tempo.
Frasi filosofiche e riflessive vengono mescolate a discorsi che nulla c’entrano con il resto (o, se c’entrano, è proprio perché vogliamo trovarci a forza un nesso). E così ecco saltare fuori corpi celesti, giardino delle Esperidi, turismo di massa e continue critiche a Hollywood (che, spocchiosa, non finanzia opere come questa, chissà perché).
A parlare sono sempre quei due o tre attori nelle vesti di personaggi secondari ma vicini ai potenti: il maggiordomo di Hitler, ad esempio. Spunti e trovate anche carine, ma che si perdono nella vuotezza di dialoghi pronunciati con tono piatto e soporifero.
Si salvano le scenografie, piuttosto d’impatto e talvolta deliranti come il film stesso, piene zeppe di marionette che esprimono il loro disprezzo per la cultura contemporanea.
Nella quarta parte ci hanno proprio dato su e c’è direttamente un tizio che per quaranta minuti buoni si limita a leggere uno script, evitando così faticose e costose riprese di interni in cartapesta. E il suo tono è ovviamente lento e, a mio avviso, auto-compiaciuto, con pause in cui fissa lo spettatore per assicurarsi che abbia capito l’importanza di quello che ha detto.
Nonostante abbia sofferto nell’ultima ora e mezza, devo dire che per essere un’opera di sette ore e ventidue minuti non si fa sentire con la pesantezza che ci si aspetterebbe. Perché, ripeto, di spunti e idee originali ce ne sono. E’ solo lo sperimentalismo che vuole imporsi a tutti i costi (possibilmente, costi contenuti) che rende il tutto più insensato e “spocchioso”. Mi spiace ma è un tipo di film che non riesco a capire appieno.
Eppure quelle figure nella penombra che parlano di come Hitler passeggiasse per la città la notte di Natale – intervallate da bollettini di guerra dell’epoca e con sottofondo di musichette tipo “Deutschland über alles” – riescono a essere di buona compagnia nel caso si debba passare un po’ di tempo tenendosi occupati mentre si fa altro, tipo pranzare
(che è ciò che facevo io nel frattempo).

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