Contro il logorio della vita / 13 Febbraio 2023 in Makanai

Prima stagione
Oltre che deliziosa, non mi vengono in mente altri aggettivi, per definire la prima stagione della serie tv Netflix co-diretta e co-sceneggiata dal regista giapponese Kore-eda Hirokazu (Palma d’Oro a Cannes con il film Un affare di famiglia, 2018).

Makanai conduce lo spettatore all’interno di una scuola per maiko (apprendiste geishe), un mondo liminale, cerniera fra passato e presente, in cui un codice secolare di estetica e condotta (tra il monastico e l’élitario) sopravvive con grazia all’avvento di nuovi stili di vita.

A differenza di quel che accade in altre narrazioni di genere coming of age, in questa scuola, la competizione livorosa è sublimata da quella edificante e ammirata. La bravura di una persona è lo sprone a migliorare se stessi, nello stesso ambito o in altri, nella sfera privata e in quella pubblica.

Anche per questo, Makanai è un balsamo televisivo.
Con i suoi ritmi pacati e l’esotismo che deriva dalla descrizione di questo gineceo orientale, la serie Netflix è un toccasana contro il logorio della vita moderna.
Grazie a un’ampia gamma di caratteri femminili e maschili, Kore-eda racconta (ancora) di famiglie acquisite e sorellanza, rispetto della tradizione e spinta verso la contemporaneità e riesce a farlo con una leggerezza che, seppure a tratti sfiora il lezioso, sospende il tempo presente e fa germogliare in cuore il desiderio di “essere migliori”, anche se questo dovesse tradursi nel cuocere meglio del solito un piatto di spaghetti al pomodoro.

A proposito di cibo: è fantastico il valore semantico che il cibo (e, quindi, l’atto del mangiare e del bere, soprattutto in compagnia) assume in questo racconto con estrema naturalezza e fluidità.
C’è un termine giapponese che indica il fatto di mangiare praticamente di continuo piccoli spuntini (in sostanza, per non far sentire “da solo” lo stomaco), ma ora non lo ricordo, acc.
Il che è una specie di variante nipponica dell’articolato concetto di hygge danese/norvegese, un piccolo piacere quotidiano di cui godere, per sentirsi bene, in equilibrio.
Con i suoi piatti che attingono dalla tradizione della provincia rurale, la placida Kiyo è in grado di suscitare emozioni, scatenare ricordi, calmare le membra, guarire piccoli malanni, placare i cattivi pensieri. Kiyo è l’anima silenziosa della casa di maiko in cui svolge l’attività di makanai, la cuoca delle apprendiste geiko, una creatura sensibile capace di rendere speciale anche una crosta di pane.

A latere, splendida Kyoto (Kore-eda e soci la mettono in posa e la fotografano come se fosse un diorama, ma è una scenografia naturale), ho dei bellissimi ricordi legati a quella città che, in me, amplificano la gradevolezza generale della serie.

Voto prima stagione: 8 stelline.

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