Recensione su Ultimo tango a Parigi

/ 19727.2312 voti

Viaggio al termine della solitudine / 23 Novembre 2017 in Ultimo tango a Parigi

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Pochi film sono stati più discussi e oggetto di pregiudizi. Lo scandalo e l’indignazione che suscitò, la controversa vicenda giudiziaria che ne bloccò la distribuzione, sono ormai storia.
Cominciamo col dire che il tema portante è suggerito dalle tele di Francis Bacon, mostrate subito accanto ai titoli di testa: il disfacimento della psiche di un uomo sradicato e insoddisfatto che è costretto ad affrontare un lutto, il suicidio della moglie, da cui è devastato per la sua imprevedibilità, le modalità, il senso di colpa.
Il senso di desolazione, derivato dall’incapacità di controllare o impedire gli eventi, lo porta ad approfittare di un incontro fortuito per poter rivendicare la sua capacità di dominio e sfogare la sua disperazione attraverso una relazione basata esclusivamente sul soddisfacimento della pulsione erotica.
Le intenzioni di Jeanne, di 25 anni più giovane, sembrano invece andare oltre e coinvolgere la sfera dei sentimenti, accettando le limitazioni imposte dall’uomo, per gioco e desiderio di trasgressione, che la sua estrazione borghese le nega (è figlia di un colonnello e ha un fidanzato convenzionale). Per entrambi incontrarsi vuol dire vivere di solo presente e recuperare l’esperienza primordiale dell’esistenza, accantonando le responsabilità del sistema sociale.
L’epilogo è connotato da un’inversione di ruoli. Quando Paul dichiara di voler andare oltre, è la ragazza che si oppone. E conoscendo i temi cari a Bertolucci è impossibile non darne una lettura politica: quando l’uomo tenta il suo reinserimento, nonché il riscatto personale, umano e sociale, Jeanne lo respinge perchè rifiuta la prospettiva di una vita precaria e contestabile, ma sceglie la sicurezza del matrimonio borghese col suo fidanzato designato.

Lascia un commento