Recensione su The Imitation Game

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Un gioco di illusioni e parvenze. / 17 Gennaio 2015 in The Imitation Game

Già dal titolo si può evincere l’analogia fra un termine leggero, come quello del gioco, e uno duro e crudo, quale può esserlo quello della guerra. Tendenzialmente, però, come in un gioco, la guerra può essere vinta o persa, ma a differenza della prima, in cui la vittoria può essere definita come soddisfazione personale, o coronamento di un obiettivo, o semplicemente passatempo, o diletto, nella seconda non è che una maschera, una convenzione, in quanto in un conflitto non vi possono essere che vinti.
In questo gioco imitativo, che ha il preciso scopo di mostrare quanto la violenza sia appagante per l’uomo ( come recitato nella pellicola ), e come questa non si estingua in virtù di un intelletto in grado di superarla, vi è una forte denuncia verso un tipo di ambiente chiuso, omofobo e bigotto, che se da un lato enunciava principi di libertà, dall’altro li reprimeva, non discostandosi in questo modo dal comportamento dei tanto odiati nemici.
Traspare sofferenza, disillusione, e distacco emotivo dal mondo, da questa interpretazione di Cumberbatch del personaggio di Turing, metafora perfetta di un gioco di illusioni e parvenze, che ritraggono la superficialità di un sistema sociale, e l’inadeguatezza di colui, che pur ergendosi fra gli altri per il proprio genio, viene da questa emarginato.
E’ un ritratto crudo, angosciante, che non lascia spazio ad altri sentimenti, quali gioia o commozione, per la fine di un conflitto che ha logorato animi e cuori.

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