Recensione su Storia di una ladra di libri

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“Cosa direbbero i tuoi occhi se potessero parlare?” / 31 Marzo 2014 in Storia di una ladra di libri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Storia di una ladra di libri” è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di formazione di Markus Zusak, ambientato in un villaggio tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale.
Liesel Meminger è una ragazzina abbandonata dalla madre che è costretta a fuggire dalla Germania per le sue idee politiche. Rosa (Emily Watson) e Hans Hubermann (Geoffrey Rush), una strana coppia di coniugi estremamente generosi, la adottano. Hans insegna alla figlia adottiva a leggere, a scoprire il mondo affascinante racchiuso in ogni libro. Quando gli Hubermann decideranno di nascondere il giovane ebreo Max, la formazione di Liesel sarà completa. Max, infatti, insegnerà alla giovane a dare voce e parole ai propri occhi perché ” l’unica differenza tra noi e un grumo di argilla… è la parola”. Le regala, allora, il libro più prezioso che possa mai avere tra le mani, quello che potrà scrivere lei stessa riempiendo le pagine imbiancate del Mein Kampf. Infatti, mentre il Fuhrer obbliga la gente a bruciare i libri, un giovane e sensibile ebreo spinge una ragazzina, il simbolo del futuro, a lasciare se stessa libera di esprimersi, a essere un “essere vivente” e lo fa donando delle pagine rese bianche cancellando le parole dell’orrore.
Il regista Brian Percival adatta il libro al grande schermo, traendone un film di formazione. Tuttavia, la voce fuori campo, quasi fuori storia, confonde e risulta quasi inutile ai fini della narrazione cinematografica. Il risultato è un film adatto alle famiglie, con un Geoffrey Rush che sembra ricordarci Lionel Logue del “Discorso del re”, un personaggio che in maniera delicata è uno dei fulcri intorno cui ruota la storia, un film che lascia un messaggio costruttivo e che in maniera attuale si rivolge a giovani e non. Questo film vuole arrivare dove Wikipedia e Google hanno sostituito la lettura di un libro e dove la messaggistica istantanea fa cadere nel dimenticatoio l’arte di esprimere se stessi attraverso le parole, possibilmente non tronche (o tronke?) e storpiate.

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